Dal 2013 al 2015 avete condotto una ricerca sugli effetti del World Class manufacturing sui lavoratori. Quali sono i risultati?
Partiamo dall’impianto della ricerca che in parte ha ripreso le vecchie inchieste operaie, quelle degli anni Settanta, l’inchiesta Cgil Cisl Uil sulla nocività, l’inchiesta sull’orario di lavoro e via dicendo. C’è stato un incontro preliminare dove sono stati convocati una cinquantina di delegati di tutte le fabbriche Fiat italiane. Ne è uscito un panorama a chiaroscuri e a macchie di leopardo. Nonostante alcuni di noi conoscessero abbastanza bene il Wcm dal punto di vista tecnico-manageriale, tecnico-produttivo, il cambiamento risultava molto più rilevante di quanto non si immaginasse. Infatti la prima bozza di questionario che avevamo proposto è stata profondamente criticata. Abbiamo quindi organizzato dei focus in cui abbiamo coinvolto centocinquanta lavoratori. Parallelamente, ecco la novità, abbiamo fatto una visita alle fabbriche e un’inchiesta col management. Il tutto per verificare il cambiamento delle condizioni di lavoro, che non riguardava solo il cambiamento fisico, ma anche, per esempio, il coinvolgimento dei lavoratori nei gruppi di innovazione e attraverso i suggerimenti. Fiat fin dal 2007 ha lanciato in tutte le aziende il ciclo dei suggerimenti. Attenzione, il suggerimento non è la "cassetta delle idee”, non è "vado dal capo e gli dico come farei”, quella è la preistoria. Il suggerimento è un progettino tecnico: il lavoratore prende dei fogli, viene messo in condizione di avere i dati sul funzionamento del sistema produttivo, li analizza...
Uno dei tratti distintivi del Wcm è il lavoro in team.
Quando abbiamo cominciato i team erano ancora informali quasi dappertutto; erano stati formalizzati solo a Pomigliano. Devo dire che noi all’inizio eravamo sospettosi: temevamo la solita rivoluzione di carta. Questi tentativi erano stati fatti anche in passato, in particolare a Melfi e a Cassino, e però poi l’azienda aveva fatto retromarcia. Invece è venuto fuori che questa volta ci avevano scommesso per davvero.
Abbiamo quindi chiesto al management di poter visitare le fabbriche e intervistarli, hanno accettato. Va detto che le inchieste operaie storiche avevano sempre trovato un’opposizione molto forte del management, che le vedeva come fumo negli occhi, questa volta invece ci hanno aperto le porte, un po’ per stima personale, un po’ per l’impianto della ricerca, ma credo anche per una sincera curiosità di vedere i risultati che venivano fuori.
Da questo punto di vista è un management nuovo: hanno dichiarato apertamente che volevano sapere cosa ne pensavano gli operai per correggere eventuali errori che loro avessero fatto. Tutto questo lavoro preliminare ci ha permesso di fare domande a ragion veduta sul team, sui suggerimenti; senza avere queste informazioni il questionario sarebbe stato monco, impreciso, partigiano, ingenuo.
Questo è un punto di forza rispetto alle vecchie inchieste, che alla fine riuscivano a dire soltanto qualcosa sulla percezione dell’operaio. Questa ricerca ha avuto l’ambizione di dire, non soltanto cosa pensa l’operaio, ma anche come sta andando avanti l’innovazione di fabbrica.
Dal questionario, a fronte di miglioramenti innegabili, l’ergonomia, la pulizia, la sicurezza, l’efficienza, emerge un disagio diffuso associato a quello che gli operai chiamano stress e che tu definisci "tempo meno poroso”.
Stress è il termine usato dagli operai, è una parola corrente nelle aziende che abbiamo studiato. Diciamo intanto cosa non è. C’è infatti tutta una linea di interpretazione che dice che la Fiat ha tagliato i tempi. Questa lettura è errata perché non c’è stato un taglio dei tempi. Non sarebbe neanche interesse della Fiat tagliare i tempi, per una ragione semplice che ho cercato di spiegare a colleghi e amici della Fiom: i tempi sono già stati tutti tagliati. Si può forse ridurre dell’1-2%. Ma se anche si arrivasse a un taglio dei tempi del 10%, valore assolutamente impossibile tecnicamente, i benefici per la Fiat sarebbero dello 0,001% del valore delle cose. Quindi una persona che fa i calcoli come Marchionne n ...[continua]
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