Edi Lazzi è responsabile Quinta lega Fiom di Mirafiori, Alberto Cipriani è responsabile Fim di Mirafiori; Luciano Pero è docente di Organizzazione per il Mip Politecnico di Milano e si interessa di innovazione organizzativa, relazioni industriali e mercato del lavoro. Un’intervista a Luciano Pero sulla Fiat, Pomigliano, il Wcm e l’Ergo Uas è comparsa sul n. 178 (ottobre 2010) di Una città.

Torniamo a parlare di organizzazione del lavoro e partecipazione, anche alla luce delle innovazioni introdotte negli stabilimenti Fiat.
Cipriani. Ci sono due parole magiche utilizzate oggi dall’impresa in generale e in particolare da Fiat: competitività e produttività.La produttività ha evidentemente a che fare con il metodo di lavoro, che significa il modello di progettazione, di organizzazione della produzione che un’azienda si dà. L’efficienza si potrebbe esprimere come un rapporto tra la prestazione del lavoratore e l’utilizzo dell’impianto, cioè il tempo effettivamente lavorato rispetto a quello a disposizione. Quindi c’è anche tutto il tema delle perdite.Le novità che vengono avanti in ordine alla produttività, per quello che io noto all’interno della fabbrica, attengono proprio a questi due elementi: la prestazione di lavoro, per un verso, e l’utilizzo degli impianti, per l’altro. Questi due elementi una volta, negli anni Sessanta e Settanta, erano molto più confusi: spesso al lavoratore veniva chiesto di sopperire con la sua prestazione a quelle che erano le perdite che c’erano all’interno dello stabilimento. Ed era una grandissima scorrettezza. Anche nel recente dibattito su Fiat di questi mesi, queste cose sono state molto confuse. Per questo è importante che il sindacato, al fine di tutelare i lavoratori, e per evitare che tocchi a loro recuperare le perdite e i difetti nell’organizzazione della produzione, sia competente in questa materia.Questo è un primo punto che mi sta a cuore. Altri elementi sono relativi a come le quote di produttività che si recuperano, che possono essere fattori economici molti ingenti (si parla di centinaia di migliaia, fino a milioni di euro) possano -anzi debbano- essere condivise con i lavoratori. Questo, in tante imprese, come la Mercedes di Stoccarda, la Daimler, la Toyota di Nagoya e Takaoka, già accade. Invece in Fiat stentiamo ancora a fare dei passi avanti.
Lazzi. Il Wcm fa capo all’organizzazione del lavoro e deve essere ben distinto dall’Ergo Uas, l’altra novità che sta introducendo la Fiat, che fa capo invece alla metrica e all’ergonomia della postazione di lavoro. Il Wcm, grazie a tutta una serie di accorgimenti, alcuni di puro buon senso (la postazione pulita, i pezzi da montare vicini, ecc.) permette di guadagnare tempo e quindi di aumentare la produttività. Inoltre, il Wcm agisce in un’ottica di coinvolgimento del lavoratore. Benissimo, questi sono tutti principi validissimi, però siamo nella teoria, bisogna invece capire cosa succede nella pratica, perché è lì che nasce la diffidenza dei lavoratori, quando non il vero scontro, perché se l’operaio, dopo aver partecipato ai vari corsi di formazione, poi in officina si trova un capo che gli dice: "Sì, sì, Wcm, ho capito, ma qui bisogna fare i pezzi, lascia perdere e vai avanti”, non ci siamo. E poi si parla della partecipazione, ma ogni volta che il lavoratore prova a dare dei suggerimenti su come potrebbe essere organizzata la sua postazione di lavoro, sistematicamente non viene preso in considerazione. Allora, ripeto, un conto è la teoria e un conto la pratica. Questo discorso vale anche per l’Ergo Uas. Io non sono pregiudizialmente contrario a questa metodologia, che comunque ha delle basi scientifiche, purché sia applicata correttamente. Perché se invece poi l’operaio si trova a lavorare con pezzi difettosi, come le viti filettate male, io credo abbia ragione di arrabbiarsi.
La decisione di Fiat di tagliare le pause da quaranta a trenta minuti e spostare la mensa a fine turno ha suscitato molte polemiche...
Lazzi. Qui entriamo nel discorso dell’orario di lavoro, quindi delle pause, degli straordinari, ecc. Ora, io capisco che ci sia un’esigenza aziendale, però c’è anche un’esigenza del lavoratore che non può essere banalizzata. Si è detto che in giro per il mondo le pause sono di trenta minuti, chiedendosi perché questi della Fiom facessero questo pandemonio sulle pause e sulla mensa a fine turno. La risposta è semplice: perché stiamo parlando della vita degli operai. A me piacerebbe fare un calcolo ...[continua]

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