La preoccupazione per un’Unione europea che per la prima volta nella sua storia vede messe a repentaglio tutte le sue conquiste e la sua stessa sopravvivenza; il caso della Polonia, finita sotto infrazione per le leggi contro l’indipendenza dei magistrati, dove tuttavia, a dispetto della propaganda del regime, la popolazione resta filoeuropea; la convinzione che ormai la vera divisione sia tra chi è per l’Europa e chi è per lo Stato nazione. Intervista a Roza Thun.
Roza Thun, deputata europea polacca dal 2009, è membro del partito ‘Piattaforma civica’. Nel Parlamento europeo fa parte della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori.
L’Europa vive oggi una fase critica...
È certamente un momento particolare per l’Europa: non è ancora chiaro se la Gran Bretagna lascerà l’Unione. Io mi auguro che resti, anche se tutti i segnali vanno nella direzione di un’uscita a breve. È la prima volta nella storia dell’Unione europea che un paese se ne va. È dunque un periodo che suscita turbamento. Inoltre quasi tutti i paesi europei hanno assistito all’emergere di movimenti e partiti cosiddetti populisti e alcuni sono andati al governo. Non tutti si dichiarano antieuropei, ma le loro politiche, le loro azioni, i loro provvedimenti legislativi sono antieuropei. Si tratta purtroppo anche dei nostri due paesi, la Polonia e l’Italia. Poi abbiamo Orban in Ungheria e vedremo cosa succederà con l’Austria; intanto Le Pen resta abbastanza forte in Francia...
Tra l’altro tutto questo sta succedendo alla fine del nostro mandato: questo parlamento scadrà a maggio 2019. È quindi anche un momento di bilancio.
Volendo comunque essere un po’ ottimisti, dobbiamo riconoscere che si è aperto un dibattito vivace sull’Europa, perché giustamente sempre più persone si chiedono cosa succederà.
Per quanto riguarda il mio paese, la Polonia, sempre per essere un po’ ottimista, mi sembra che, nonostante il governo guidato dal partito Pis (Diritto e giustizia, partito di ispirazione conservatrice clericale ed euroscettico) stia promuovendo di fatto una linea antieuropea, i cittadini polacchi siano invece maggiormente filoeuropei.
Forse uno shock di questo tipo è necessario. Alcuni sostengono che il governo polacco funzionerà come un vaccino: farà sì che questa malattia non ritorni mai più. Spero sia vero e che questa fase non sia troppo dolorosa.
Come si è passati, in Polonia, dall’entusiasmo iniziale all’euroscetticismo di oggi?
In base a sondaggi recenti, in realtà è risultato che più del 80% dei polacchi è favorevole all’Unione europea. Anche per questo il nostro governo esita a manifestare apertamente la volontà di uscire. Anche se è questa la loro ambizione, così da poter assumere un controllo totale. Lo si è ben visto con la riforma del sistema giuridico, che noi chiamiamo "deforma”, perché comporta la fine dell’indipendenza del potere giudiziario, quindi dei procuratori e dei giudici. Lo stesso sta succedendo con l’educazione. Per ora la Commissione europea e la Corte di giustizia stanno limitando la loro libertà d’azione, cosa che mal sopportano. Se il governo polacco alla infine ha ritirato la legge che mandava i giudici in pensione anticipata forzata è solo grazie all’Unione europea. I cittadini polacchi hanno organizzato molte manifestazioni di protesta, hanno inviato lettere al procuratore generale, che con la riforma è anche ministro della giustizia! Una situazione di questo tipo la si trova solo in Bielorussia, che io sappia.
L’unione europea ha lanciato una procedura d’infrazione contro la Polonia.
Sì, proprio sul tema della giustizia. La Commissione europea ha sottoposto alla Corte di giustizia europea questa nuova legge che abbassa l’età per il ritiro dei giudici della Corte suprema da 70 a 65 anni, ponendo in tal modo un terzo di giudici a rischio di ritiro forzato. Tra loro c’è anche il Primo presidente, il cui mandato secondo la Costituzione cesserebbe solo nel 2020. In attesa di una sentenza definitiva, la Corte di giustizia ha emanato un’ordinanza che impedisce al governo polacco di dar corso alla legge, che quindi va sospesa e i giudici espulsi reintegrati. Nel frattempo il governo polacco ha ritirato quella legge, quindi l’iniziativa europea si è rivelata efficace.
Detto questo, penso che noi ora dobbiamo lavorare per uscire da questa situazione da soli. Non possiamo votare per un partito populista e poi aspettare che l’Ue ci tolga dall’impiccio che ci siamo creati da soli. Non possiamo impegnarci in politica, per i diritti umani, la democrazia, la libertà economica e poi, se vince un governo populista che mette tutto a repentaglio, appellarci a Bruxelles affinché ci risolva la situazione.
Alle ultime elezioni nel 2015, quando il Pis è andato al potere, la metà dei polacchi non è andata a votare. È una malattia dei paesi post comunisti, dove il tasso di partecipazione alle elezioni è molto basso. Il fatto è che al
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