Non è che debba vergognarmi della malattia. Parliamone, anche se ho alcune difficoltà psicologiche. Sono circa tre anni che ho cominciato ad avere dei problemi. Attualmente quando sono fuori casa vado con il bastone; in casa, invece, non ne ho bisogno. Per ora il mio problema è quello della fatica, di una gran fatica a stare in piedi, a camminare. E per una come me, abituata a fare un sacco di cose, ad andare alle manifestazioni, alle iniziative, a stare fuori quasi tutte le sere, ad avere una vita anche movimentata, trovarsi ferma, bloccata, è già pesante. Soltanto ultimamente sono arrivata a dirmi: "Beh, le cose stanno così", ma per lungo tempo ho rifiutato quello che stavo vivendo. E la mia è ancora una forma leggera. C’è un ragazzo di Cusercoli che stava giocando al pallone quando è caduto la prima volta e dopo un anno era già in carrozzella. C’è chi ha dolori tremendi, io fortunatamente no. Posso ancora guidare e per me è molto importante. Ho solo questa grande stanchezza che mi assale appena mi metto in piedi e ho la grande preoccupazione che la malattia si aggravi, che abbia dei nuovi attacchi, che finisca per trovarmi in una carrozzella. Lo so molto bene che la malattia è progressiva e quello è il tarlo che certi giorni non mi lascia e mi tormenta: "Cosa sarà di me domani?. Ho la casa a due piani...".
Tutto dipende dai nuovi attacchi, potrei non averne più o averne uno domani mattina e finire in carrozzella, è una malattia dall’evoluzione stranissima e in tutto il mondo non c’è niente che ti possa aiutare, per cui i pensieri vengono... Alla fine ho capito che invece di macerarmi ogni giorno per i problemi che potrò avere, devo affrontarli man mano che si presentano. Per esempio mi sono fatta fare un altro passamano che non c’era e piano piano comincio a usarlo. Non voglio farmi prendere dalla malattia, ma questo dipende anche dalla persona, non solo dal tipo di malattia: uno può avere una malattia più banale della mia e esserne completamente posseduto, svuotato.

L’altro disagio che provo è quello di dover spiegare. Conoscendo tante persone tutte mi chiedono: "Cosa fai?", "Cosa è successo?" e la cosa mi pesa un po’, forse per paura di suscitare pietà, di sentirmi dire: "Poverina...". Forse perché "poverina" mi sento veramente... Allora in un ambiente entro piano piano, cercando di essere di nuovo me stessa, ma piano piano. Comunque mantengo degli impegni nel partito, sono presidente di una cooperativa che fa cose belle, un circolo di ritrovo, un negozio che si chiama "spaccio popolare", che è nato quando la Coop Consumo ha scelto di abbandonare tutte le zone della collina a favore della via Emilia. Viste le difficoltà non volevo, ma i compagni hanno insistito perché restassi in quel posto e così qualche impegno ce l’ho ancora. Invece di fare una riunione in più ne faccio una in meno, non potendo più muovermi come prima. Certo, non è la situazione migliore per fare il presidente di una cooperativa, però i compagni hanno voluto così. Adesso ho bisogno di un attimo di riflessione, per capire, fare il punto della situazione. Può darsi che possa ripartire ancora. Confesso che dentro di me penso di avere ancora delle energie...

Devo programmarmi i tempi della giornata. So chiaramente le poche cose che posso fare e allora mi organizzo per fare quelle. Ma quella frenesia che avevo prima, di fare questo, quest’altro e quell’altro ancora senza poter mai dire di no a niente e a nessuno, beh, adesso non ce l’ho più. Oggi dico di no e probabilmente faccio cose che sono più confacenti a quello che sento, a quello che voglio. Certo, sempre in quella direzione della mia formazione, del mio sentire.

Io sono sempre stata funzionaria. Della Fgci prima, poi del Pci, dell’Udi, del sindacato, ho fatto tutta la trafila. E quando uno è funzionario deve sempre essere disponibile senza mai poter dire: "Faccio quello perché mi va di farlo". All’inizio nasce tutto come volontariato, come impegno, poi però subentra quel dover fare, quel dover essere sempre presente, dover fare la relazione, dover sempre misurare le parole... Fra l’altro quando fai parte di un gruppo e sei pagato sei portato a rispettare la linea, a seguirla sempre. Oggi non più, le cose le faccio perché mi va. Sono pensionata, ho i miei soldi, non devo niente a nessuno e ora ho anche la scusa buona per dire di no senza dover aggredire, cosa di cui sono poco capace...

Ormai sentivo una forte alienazione e penso che non fossi la sola. Il ves ...[continua]

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