Cari amici,
quando in Marocco viaggio a sud, molto a sud, coi gruppi di turismo responsabile, non ci accorgiamo quasi di quanto questa regione sia stata tragicamente toccata in passato dalla storia e di come tuttora non si possa considerare una zona pacificata: parlo del confine cancellato col Sahara Occidentale e a molti di voi questo nome evocherà tristi pensieri e una consapevolezza, certamente amara, della storia.
I pescatori di Nayla ci fanno salire agilmente sulle piccole imbarcazioni che dovrebbero servire al loro lavoro. E ultimamente invece sono dei piccoli taxi privati della laguna per gruppi di turisti che si avventurano in questo desolato Finis Terrae o per ricchi amanti della pesca sportiva, che qui possono dedicarvisi senza troppi limiti.
Alloggiamo in genere da un anziano marocchino, di origini italiane, ma dai modi e probabilmente pure il passaporto francesi. Ci serve in abbondanza quegli alcoolici che da queste parti sono altrimenti abbastanza difficili da reperire. L’autista, unico marocchino del gruppo, è invitato ad andarsene: "Ci sono alberghi del suo livello nel vicino villaggio di Akhfenir”, così dice l’oste.
Tanti anni prima avevo scoperto questi luoghi arrivandoci in auto dall’Italia, accompagnato da Rachid, un amico di Essaouira: non avevamo trovato posto nell’unico albergo di Akhfenir, gestito da un francese per gli amanti della pesca sportiva, come ora fa Paul Italiano nella sua confortevole residenza sul mare. E non perché fosse pieno, ma perché Rachid è marocchino. In questa parte di Marocco infatti un marocchino non trova posto in un albergo di francesi! E pare proprio che ciò continui a distanza di quasi quindici anni.
Vi troveranno presto certamente albergo i nuovi ricchi marocchini che non possono più andare in Turchia (meta off-limits da quando ci sono gli arruolamenti Isis) e che non vogliono andare in Yemen (qui potrebbero, pare, anche arruolarsi?!). Perché da queste parti il piano di rinascita turistica del Marocco, "Azzurro” come la sua lunghissima costa mediterranea e atlantica, prevede un insediamento turistico di cospicue dimensioni in un tratto simil lagunare che precede la laguna di Nayla (per fortuna Parco Nazionale, e dunque per ora salvata dalle speculazioni): l’oued Chebika, con le dune sull’oceano e la piccola ansa lacustre, sopra le falesie ospiterà alberghi e residence. Nel nulla di questo deserto atlantico, dove si respirano sabbia e sale e il paesaggio è estremo, forte, duro, bellissimo.
Navigando nelle placide acque lagunari di Nayla, osservando le specie di uccelli che vi nidificano, vi sostano e ne fanno un paradiso ornitologico, passeggiando lungo la sua riva sabbiosa, sotto alte dune dorate, fino all’incontro della laguna con l’oceano... Il pensiero non va certo ai conflitti e alla storia. Da qui partivano le navi cariche di schiavi africani verso le Canarie, ed è proprio per questo che si arrivò alla pretesa spagnola di prendersi un territorio nel sud marocchino (solo che lo scelsero più a nord, a Ifni) accampando il diritto per l’usufrutto precedente schiavista...
E qui siamo ormai nel Sahara, quello Occidentale: lo si capisce almeno per il numero dei posti di blocco e il rigoroso e un po’ ridicolo controllo dei passaporti. Per il respiro di sollievo dei gendarmi nel saperci italiani e non spagnoli. È infatti la Spagna che infrange il silenzio sul piccolo dolorosissimo olocausto dei saharawi: viene dalla Penisola Iberica la richiesta di arresto di undici funzionari marocchini che si sarebbero macchiati di atroci delitti contro circa 500 saharawi tra il 1975 e il 1991. E viene mossa proprio alla vigilia della discussione alle Nazioni Unite sul caso del Sahara Occidentale.
Il Marocco, che ricevette su un vassoio d’argento la regione dalla Spagna quando essa si ritirò, dopo aver fermato le speculari pretese di possesso da parte mauritana, invase il Sahara Occidentale con una massa di manifestanti, la cosiddetta Marcia Verde del 1975, che ancora si festeggia in gran pompa in novembre. Furono quelli gli anni dei più spietati attacchi alla popolazione saharawi resistente (aveva questa già dal 1971 richiesto l’autodeterminazione e due anni più tardi s’era organizzata nel Fronte Polisario). Da allora la guerra e poi, dal 1991, l’attivazione della trattativa sotto l’egida Onu (Minurso) e, ancora, la resistenza nonviolenta dei saharawi non tutti rifugiati, ormai da 40 anni, a Tindouf, in territorio algerino (un motivo in più di tensione, ...[continua]

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