Cari amici, cento personalità marocchine, ex ministri e intellettuali, artisti e militanti di associazioni per i diritti umani chiedono il cambiamento del codice di famiglia relativamente al Ta’sib: "esso non corrisponde più al funzionamento della famiglia marocchina e al contesto sociale attuale, rende precaria la situazione delle donne, specialmente le più povere, obbliga molti genitori a cedere i loro beni alle figlie… è l’esito di un’interpretazione religiosa e non un comandamento divino”. La norma prevede che gli uomini siano gli eredi universali, potendo disporre di tutta l’eredità, dato che le donne ereditano solamente delle quote fisse, anche in assenza di maschi: si pensi al caso delle orfane senza fratelli che per poter ereditare devono obbligatoriamente condividere l’eredità con parenti maschi anche non prossimi ai defunti (zii, cugini…).
In capo alla stessa questione si registrano recentemente le dimissioni di un’alta personalità della cerchia dei consiglieri del re sulle questioni religiose: la direttrice del Centro studi femminili nell’Islam all’interno della Rabita Mohammedia degli Ulema del Marocco, Asma Lamrabet. La studiosa è una dei cento firmatari della petizione.
Da poco è stata approvata in parlamento la Legge sulla violenza contro le donne: depositata nel 2013 dall’attuale ministro della famiglia Bassima Hakkaoui, la legge ha impiegato cinque anni per essere finalmente adottata. Le molestie sessuali (negli spazi pubblici) saranno punite con incarcerazione da uno a sei mesi, pena raddoppiata se proverranno da persone vicine alla vittima, come i colleghi di lavoro, e da persone incaricate di mantenere l’ordine pubblico. Da uno a tre mesi di prigione sono previsti per i mariti che caccino dal domicilio coniugale la moglie. Sanzioni più severe, da sei mesi a un anno di carcere, sono previste per i genitori che forzino le figlie al matrimonio. Tutte le pene sono accompagnate da ammende non particolarmente onerose. Un’ammenda pecuniaria è inflitta a chi proferisca ingiuria contro una donna in ragione del suo genere, aumentata in caso di diffamazione. Più severe le condanne per chi violi la privacy delle persone, utilizzando pubblicamente foto o registrazioni private senza l’accordo degli interessati. Decisamente pesanti le pene previste per gli uomini (sposi, divorziati, fidanzati, persone vicine alla vittima) che sequestrino una donna. Anche la minaccia è punita, con raddoppiamento della pena  per gli sposi, i divorziati, i fidanzati, o nei casi di recidiva e quando si tratti di vittime minorenni: nel qual caso si può arrivare a sei anni di detenzione. Come misura di protezione della vittima, al condannato è interdetto, fino a cinque anni dall’uscita di prigione, di avvicinare la vittima.
Mancano evidentemente diverse casistiche e la legge risulta ancora piuttosto carente. In particolare, Fatima El Maghnaoui, direttrice del centro d’aiuto alle donne vittime di violenza di Rabat, sottolinea come per esempio manchi la sanzione per la violenza coniugale. Uno studio rilevava almeno 440.000 donne vittime di violenza coniugale nel solo 2009. Mancano inoltre norme relative ai percorsi psicologici post-violenza. Difetti piuttosto eclatanti, certamente dovuti all’assenza di consultazione dei gruppi femministi nel redigere la legge.
Potrebbe essere cagione di grande speranza per molte donne che lavorano a stretto contatto con le risorse biologiche del Paese anche il nuovo progetto di legge volto a proteggere la biodiversità.
Numerose cooperative di donne vivono sui proventi dell’argania, la pianta endemica del sud ovest del Paese, da cui si ricava il prezioso olio dalle qualità organolettiche straordinarie. Queste attività sono oggi esposte alla concorrenza di aziende straniere che hanno brevettato all’estero molecole specifiche della pianta per la produzione essenzialmente in cosmetica, portando grandi benefici economici, ma non certo alle donne che vivono da sempre a stretto contatto con le foreste d’argania e sono le testimoni della lunga tradizione di produzione dello specialissimo olio.
La proposta di legge si fonda sul meccanismo di accesso e condivisione dei vantaggi prodotti dall’utilizzo delle risorse e delle conoscenze tradizionali. Essa nasce anche conseguenza del caso della palma da dattero, in particolare la Majhoul, endemica della regione di Boudnib, ai margini orientali del sud marocchino. Sottratta abusivamente nel lontano 1920, cinquant’anni dopo si è trasfo ...[continua]

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