Elsbeth Van Der Poel, artista olandese, lavora con i bambini sul problema del disagio mentale attraverso disegni e racconti. Vive a Londra.

Tu hai sofferto di depressione fin da bambina.
Sono sempre stata molto timida. Avevo paura di incontrare altri bambini. Preferivo rimanere a casa, al sicuro, nel mio piccolo universo. Fin da piccola costruivo storie per dare un senso al mondo. Alle elementari stavo molto bene, ma verso gli undici anni ho sviluppato l’ansia per certe situazioni e per l’idea di diventare grande. Ero molto sensibile ed emotiva; quando mi arrabbiavo non riuscivo a liberarmi da sensazioni negative. All’età di quindici anni ho attraversato mesi e mesi di tristezza continua. Il mondo era pesante, le emozioni erano pesanti. Non volevo lasciare la mia stanza per nessun motivo, non volevo alzarmi dal letto la mattina. Questi erano tutti segni di depressione di cui però non mi rendevo conto. I miei genitori mi dicevano: "Hai tutto”, e anche io mi sentivo così: sono in salute, vivo in un bel paese, ho degli amici; non sono in guerra, non ho subìto abusi da piccola. Insomma, non avevo scuse, mi dicevo: "Come puoi concederti di sentire quelle cose? Ci sono problemi veri nel mondo. E ci sono persone che soffrono seriamente”. Fin da piccola, guardando le notizie alla televisione, ho sempre pensato: succedono cose terribili, perché non riesco a essere felice con quello che ho? Dovrei essere felice! Invece non lo ero e tutto questo mi faceva sentire molto in colpa, il che ovviamente non aiutava. Cercavo di nascondere la mia condizione invece di tirarla fuori; questo ha reso le cose più complicate. Inoltre, se mi divertivo molto con gli amici, sapevo che il crollo sarebbe stato più profondo. Se ridevo ed ero felice c’era sempre una nuvola sopra di me: sapevo che l’avrei pagata. In un certo senso sapevo di dover rimanere stabile, però non sapevo come. Quando avevo quindici anni mia mamma lesse un articolo e mi disse: "Forse soffri di depressione”. Era la prima volta che leggevamo, su una rivista, un articolo sulla depressione.
Tieni conto che la depressione non è uno stato continuo, di solito non è così. Ovviamente passavo periodi in cui le cose andavano abbastanza bene, ma poi tutto poteva crollare molto velocemente e in modo inaspettato. In un certo senso quell’articolo è stato un sollievo: avevo una spiegazione. A quel punto ero molto determinata a uscirne, ma la domanda era: come si fa? A diciannove anni sono andata da una psicoterapeuta. Ne avevo un po’ timore, e credo di averle dato più che altro le risposte che voleva sentire, non credo prendesse la cosa sul serio, provava a darmi delle strategie per affrontare il problema. È stato un insegnamento più pratico che emotivo. Comunque, mi ha reso più sicura di me.
Una volta finita la scuola mi sentivo molto sollevata, pensavo di essere guarita. Verso i 20 anni, dopo la terapia, sono andata in Irlanda come ragazza alla pari. Ho lavorato per una famiglia fantastica, con quattro bambini. L’esperienza mi ha dato molta forza, ho fatto amicizie nuove. Era qualcosa che non avrei mai pensato di poter fare. Alcune volte avevo sentito avvicinarsi la depressione, ma dato che mi stavo prendendo cura dei bambini non lasciavo che si manifestasse. È stato un momento interessante: per la prima volta mi sono accorta che quando c’è qualcosa di più forte, come l’istinto materno, si è in grado di respingerla. Poi però sono tornata in Olanda e sono andata a studiare arte all’università.
Molti colleghi mi mettevano in soggezione perché avevano un carattere forte. Quindi ho iniziato a rimpicciolirmi fino a tornare al mio normale stato di timidezza. In quel periodo è tornata la depressione e ho vissuto i momenti più brutti della mia vita. Tutto iniziava con un discorso fra me e me: mi dicevo quanto fossi una persona orribile, mi davo la colpa di tutto. Non provavo amore nei miei confronti. Quando mi sentivo molto male arrivavo a distruggere i miei oggetti personali, quelli a cui ero affezionata. Facevo qualsiasi cosa per farmi del male, mi volevo punire, mi procuravo anche del dolore fisico: sbattevo la testa. A volte sentivo come un buco nel cuore. Era un male quasi insopportabile, e il dolore fisico era quasi meno forte di quello emotivo. Anche se poteva sembrare un gesto aggressivo, per me farmi del male era un sollievo. In quei momenti quasi non riuscivo a pensare. La depressione è un’energia pesante, molto pesante. Persino la rabbia è più leggera. Quando ...[continua]

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