Brenda McHugh e Neil Dawson, consulenti di psicoterapia familiare, dirigono il Marlborough Family Service di Londra.

Al Marlborough Family Service da oltre trent’anni è stato adottato un modello "multifamiliare” per aiutare i giovani e le famiglie in difficoltà. Potete raccontare?

Brenda McHugh. L’idea di fondo è quella di creare una comunità di famiglie che si supportino a vicenda. Le ricerche che abbiamo condotto negli ultimi trent’anni mostrano che quando le persone si trovano isolate di fronte alle difficoltà, senza nessuno che fornisca loro nuovi stimoli o, più semplicemente, le aiuti, la loro situazione è destinata a peggiorare. Al contrario, mettendo in relazione diversi nuclei familiari sembra che accadano due cose. La prima è che le famiglie si sottopongono più volentieri a una "cura verbale”, per così dire. Teniamo presente che concetti come quello di igiene mentale o seduta psichiatrica suscitano ancora molte resistenze, mentre il semplice discutere dei propri problemi viene accettato più serenamente.
Se una madre che ha delle difficoltà a gestire la famiglia, i bambini, la casa, dice a un’altra: "Vieni nel gruppo. Guarda che nel mio caso mi ha aiutato molto”, questa ci va più volentieri che non da uno specialista. Sono state le famiglie stesse a spiegarci l’importanza di poter portare prove concrete, vissute. Se incontri qualcuno che è la prova vivente che la terapia multifamiliare funziona e che i tuoi bambini possono stare meglio, sei invogliata a provare. La seconda cosa è che quando le famiglie sono accomunate dagli stessi problemi, sono più propense a fornirsi aiuto reciproco e anche a stimolarsi a vicenda.
Parliamo di famiglie che per tanto tempo hanno pensato che non ci fosse niente da fare. Capita che una madre dica: "Faccio fatica a convincere mio figlio di quattordici anni a stare a casa alla sera quando i suoi amici vengono a chiamarlo. Così non mi resta che stare in ansia tutta la notte, perché so quel che accade per le strade”. Un’altra le può rispondere: "Io ho lo stesso problema, ma gli dico di no, e mi assicuro che il mio no venga rispettato, perché mio figlio sa che, rispettando la mia volontà, il nostro rapporto migliorerà e, nel tempo, sarò in grado di dargli di più”. In questo modo si instaura un dialogo costruttivo e stimolante, che porterà a un cambiamento più veloce di quanto accadrebbe con una seduta tradizionale.
Quindi questo mutuo aiuto tra le famiglie risulta anche più efficace della tradizionale seduta dallo specialista?
Brenda. Di fatto, quando a Londra (e, più in generale, nel Regno Unito) le famiglie sono invitate a entrare in terapia, ci vanno magari una volta, ma poi non si presentano più, a quel punto ricevono una seconda lettera, ma non è garantito che tornino... è un processo poco efficiente. Qui invece la percezione è di far parte di un gruppo di famiglie con un obiettivo comune: una sorta di laboratorio per permettere ai propri figli di vivere vite migliori. Tutti i genitori vogliono il meglio per i propri figli; il problema è che molti non sanno come muoversi. Le risorse che hanno a disposizione sono limitate. Quando invece si fanno sforzi congiunti, quando si lavora insieme, il numero dei genitori che partecipano in modo costante aumenta considerevolmente. Al contrario, nella terapia tradizionale, lo specialista aspetta invano che la famiglia si presenti in clinica, e la cosa si traduce in uno spreco di risorse e opportunità.
Lavorate anche nelle scuole...
Brenda. Il nostro lavoro è duplice. Qui al centro facciamo quella che potremmo definire la parte intensiva: i bambini che si presentano provengono da situazioni infelici e complicate.
Sono mandati dalla scuola che dice: "A meno che non cambi qualcosa, l’alunno dovrà andarsene”. Purtroppo questo è un paese che tende ad allontanare gli alunni dalla scuola. Dall’altra parte c’è il lavoro di Neil, che invece va a "reclutare” nuove famiglie fuori di qui.
Neil Dawson. Proprio così. Questa struttura può accogliere nove, dieci famiglie alla volta, per farle lavorare insieme quotidianamente. Qualche anno fa il preside di una scuola della zona ci ha detto: "Ci piace il vostro lavoro. Notiamo cambiamenti nei bambini come nei genitori. Sembra un metodo assai efficace: i bambini tornano a scuola e rendono di più. Ma ne abbiamo molti altri, centinaia, per i quali siamo preoccupati. C’è niente che si possa fare? Non potreste venire a scuola o organizzare qualche attività con noi?” ...[continua]

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