Una Città243 / 2017
Ottobre


"Le autonomie non soltanto amministrative, ma legislative, delle regioni renderebbero, infine, più facile quella educazione politica e la creazione di quelle competenze il cui difetto costituisce una delle incognite maggiori della rinascita italiana. Una struttura federale dello Stato permetterebbe che i problemi locali fossero trattati e risolti da chi meglio li conosce, permetterebbe la formazione di una nuova classe dirigente, renderebbe possibile una più larga conoscenza ed una migliore utilizzazione degli ingegni, delle personalità, delle energie".
Egidio Reale
(La Critica Politica, n.8-9 - agosto-settembre 1946)

Ottobre 2017

Libertà e uguaglianza
Sulla Rivoluzione russa e la sinistra
Di Michael Walzer

Ricordiamo Luigi Bobbio
Di Marco Boato

Luigi Bobbio ci mancherà
di Redazione

I grattacapi di Trump
Di Stephen Eric Bronner

Imparare discutendo
Come insegnare la storia oggi
Intervista ad Antonio Brusa

Il fardello dell’Europa
Sulla "crisi dei rifugiati”
Intervista a Ferruccio Pastore

Una lingua per genitore
Una famiglia italo-curda in Germania
Intervista a Cafer Yilmaz e Silvia Rosselli

Ryanair. Una serrata contro terzi
Di Francesco Ciafaloni

Nelle centrali: La Via morta

La cultura della memoria
Per costruire una memoria dei gulag
Intervista a Tomasz Kizny

Questo posto è vostro!
Seconda puntata del viaggio nell’anarchia italiana
Intervista a Giampietro "Nico” Berti

Un lavoro per i richiedenti asilo
Di Gianpiero Dalla Zuanna

Novecento poetico italiano 22 / Pasolini
Di Alfonso Berardinelli

Appunti di un mese

Dalla Cina. Un tassista
Di Ilaria Maria Sala

Dall’Inghilterra. Sarà un Natale taccagno
Di Belona Greenwood

Dalla Germania. Stammtischparolen
Di Udo Maas

Dal carcere. Vorrei essere una formica...
Di Carmela Nava

La fiera del Ventennio
Di Gianni Saporetti

Reprint. Gli anni Sessanta
di Doug Dowd


La copertina, con una peshmerga, è dedicata ai curdi, che hanno combattuto e vinto una guerra per tutti noi contro un nemico orribile come l’Isis, pagando un alto prezzo in vite umane. Ora, però, rischiano di doverne pagare uno ancora più alto perché hanno vinto. Ci dovremmo mobilitare in tutto il mondo civile per impedire un simile scempio.

"Il grande avvenimento del Ventesimo secolo è stato l’abbandono da parte dei movimenti rivoluzionari dei valori della libertà”, ha scritto Camus. E’ questa la causa del grande fallimento della concezione rivoluzionaria che, in nome dell’uguaglianza, ha creduto nella necessità di uno stato forte, tirannico, illiberale, per scardinare i vecchi regimi; la teoria della "falsa coscienza” delle classi oppresse che giustificava il ruolo dominante di un’avanguardia che ha finito per creare nuove gerarchie e nuove disuguaglianze; le non-libertà prodotte dal neoliberismo, per contrastare le quali, però la libertà politica è la condizione assolutamente necessaria; la via maestra, socialdemocratica, per una società libera e sempre più egualitaria. Un intervento di Michael Walzer.

Quella che noi oggi chiamiamo "crisi dei rifugiati" è in realtà una crisi dei sistemi di risposta europei. Ferruccio Pastore, che da tanti anni studia le migrazioni, ci parla dei limiti della distinzione tra flussi spontanei e flussi forzati e dei dubbi sull'efficacia del principio del burden sharing, che è certo giusto, ma rischia di alimentare, specie nell'Europa dell'Est dei pericolosi contraccolpi; com'è cambiata la figura del richiedente asilo, da eroe o comunque vittima durante la Guerra fredda a soggetto che mette a repentaglio il welfare dello stato che lo accoglie... Pastore ci parla infine dei pericoli, ma anche delle potenzialità, almeno sulla carta, del contestato accordo con la Turchia, che però sta tenendo in piedi l'Europa.

Se negli anni Sessanta e Settanta, lo studio della storia era tutt'uno con l'impegno politico quotidiano e si moltiplicavano i movimenti di cooperazione didattica, oggi siamo in una fase in cui, complice anche l'idea che basti conoscere una materia per saperla insegnare, gli insegnanti rischiano di non saper maneggiare questa disciplina, che pure può essere un'occasione straordinaria per far ragionare e discutere i ragazzi, specie attorno alle "questioni sensibili"; Antonio Brusa, nel fare il punto sulla didattica della storia, ci parla dell'importante ruolo che possono avere i giochi, dei rischi della didattica per competenze e dei programmi identitari, ma anche delle appassionanti prospettive aperte da una storia come racconto del mondo.

Nelle centrali, alcune foto della grande mostra sui gulag di Tomasz Kizsny, riguardanti la cosiddetta "Via morta” una folle impresa voluta da Stalin in cui "si può leggere oggi un’allegoria della storia del comunismo sovietico: una via costruita contro il buon senso, utilizzando il lavoro dei detenuti, pagata con milioni di vittime e che non porta da nessuna parte”.

Catalogna 1936: "Di fronte ai tre, Companys si alza dalla scrivania, le gira attorno e fa loro segno di sedersi al suo posto dicendo: ‘Avete vinto, questo posto è vostro!’, al che i tre lo invitano a risedersi e chiedono solo che si dia vita a un Comitato delle milizie con funzioni di controllo sull’operato della Generalidad, un comitato in cui, fra l’altro, ogni milizia di partito ha un voto, al di là della sua consistenza numerica. Come tutto sia poi andato a finire lo sappiamo, ma perché questa scena è significativa? Lo è perché se tu, anarchico, ti siedi, smetti di essere anarchico, ma non sedendoti sei, e rimani, subalterno. È questo il punto fondamentale...”. Pubblichiamo la seconda e ultima parte dell’intervista a Nico Berti.