Cari amici,
percorrendo in auto il Marocco ci si rende ben conto dell’assidua presenza di forze dell’ordine. Si rischia perennemente la multa per eccesso di velocità, visto che spesso i limiti anche al di fuori dei centri abitati sono piuttosto restrittivi. Ne ho pagate già tante: multe salate per un portafoglio da straniero, figuriamoci per i locali! Ma la sagacia marocchina sa affrontare abilmente i numerosi incontri con poliziotti e gendarmi. A volte è sufficiente richiamare la parentela col tal caid o alto funzionario ministeriale per trasformare come d’incanto la multa di 70-80 euro in una mancia di 10. Il problema della corruzione è stato portato alla ribalta da qualche anno e il re s’è prestato al ruolo di paladino dell’onestà, arrivando a sostituire sindaci e prefetti corrotti e imponendo una certa trasformazione nell’amministrazione pubblica. Che sia stato sufficiente, mi pare di poterlo negare. Ultimamente si è parlato abbastanza del caso di un caid donnaiolo di una provincia appena a sud di Casablanca: questi avrebbe dapprima indotto un cittadino, che aveva ammesso di aver pagato una "mazzetta” per la costruzione di un piano abusivo in una palazzina (cosa davvero comune in Marocco, dove le case arrivano dal terzo al quarto piano senza particolari sorprese, né permessi…), a metter per iscritto la sua denuncia; per poi minacciare di farlo condannare per calunnia. Avrebbe successivamente telefonato alla moglie del malcapitato per chiederle dei servizi in cambio dell’assoluzione del marito e sarebbe stato addirittura filmato e messo in onda su diversi social network in abiti succinti in casa di questi. Alla fine sembrerebbe spuntarla comunque lui, con una condanna per la "banda organizzata” degli altri protagonisti della vicenda (moglie, marito e amico che ha filmato il video di nascosto), colpevoli di aver tentato di incastrare il caid.
La sensazione generale in Marocco è che l’impunità per i corrotti sia palese e che la vita quotidiana continui a essere resa difficile da tutta una serie di abusi di potere a tutti i livelli della gerarchica società marocchina. Una gerarchizzazione che ha origini abbastanza lontane e che si è sclerotizzata durante la monarchia di Hassan II. Ministri corrotti e potentissimi come Driss Basri, o potenti uomini di stato autoritari e spietati, caduti poi in disgrazia già sotto Hassan II, come il generale Oufkir, sono le punte di diamante di un sistema capillare, basato in gran parte sulla delazione, che ha imperversato e tutt’ora imperversa in Marocco.
In aprile, una donna di mezz’età di umilissima estrazione sociale, che cercava di emanciparsi ed era riuscita a trasferirsi da una bidonville a un terreno edificabile di sua proprietà, in un quartiere di Kenitra simile ai tanti in crescita in ogni periferia marocchina, si è immolata contro le angherie del potere, arsa viva di fronte agli uffici del caid. È morta pochi giorni dopo, mal curata nelle carenti strutture ospedaliere pubbliche. Fatiha era ambulante non autorizzata come tantissime donne che si vedono vendere dolci e pani della tradizione marocchina accanto ai mercati. Donne che cercano, con misere economie domestiche, di tirare avanti e trovare un futuro per sé e i familiari: spesso, come Fatiha, donne che allevano da sole i figli. Donne che hanno varcato i confini del Marocco e si trovano pure in Italia accanto a mercati e stazioni. Spesso chiacchiero con loro a Porta Palazzo, dove una certa consuetudine, quella del quotidiano ritrovarsi, permette loro un po’ di confidenza, nonostante lo stentato italiano. Sono tenaci e durante il Ramadan sono le ultime ad allontanarsi dal mercato, proprio a ridosso della colazione serale di rottura del digiuno. Tenace doveva essere per certo Fatiha, che però non ha retto alle angherie, all’umiliazione di essere colpita in pubblico, a una breve detenzione successiva al sequestro della sua merce (pane e pasticcini per un ammontare di tre euro scarsi). Ora il suo viso ustionato campeggia sui profili di Facebook e tanti ambulanti l’hanno eletta a simbolo della loro lotta contro la povertà e contro gli abusi di potere in Marocco. Ma siamo ben lontani dalla   rabbia popolare esplosa a fronte dell’auto-immolazione dell’ambulante Mohammed Bouazizi di Sidi Bouzid in Tunisia, che aveva portato all’unica Primavera araba che si possa dire abbia avuto un esito positivo. In Marocco le lamentele si fermano sui social network e in brevi proteste di strada spesso represse dalle fo ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!