Mbobero è un villaggio che sorge sulle colline che costeggiano il lago Kivu, a circa 12 km dalla città di Bukavu, nella provincia del Sud-Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Fino al 2010, superate pian piano le conseguenze delle guerre, la vita di questo villaggio procedeva tranquilla. Le famiglie che vi abitavano coltivavano i loro campi nei dintorni, producendo manioca, fagioli e altri legumi che le nutrivano e permettevano ai bambini e ai giovani di studiare. Questa terra era una concessione appartenente a un proprietario belga, il sig. Marcel Michaux. “Essa -afferma Innocent Mbaswa Bitaha, un anziano testimone dei fatti- era stata suddivisa secondo le norme dall’antico proprietario, il sig. Michaux, nel 1973, al momento in cui lasciò il paese. Non avendo altri mezzi per pagare la liquidazione ai suoi otto lavoratori, ha dato a ciascuno una parte della sua concessione. Nel corso degli anni, ognuno di loro vi aveva costruito case per i familiari e aveva anche venduto delle porzioni di terra a persone venute da fuori, che vi avevano edificato. Per esempio, mio padre Bitaha aveva ricevuto nove ettari… Tutto era ben delimitato e riconosciuto dal capo locale Hongo. La popolazione si stava progressivamente procurando i documenti del catasto; del resto gli acquirenti delle nostre terre avevano acquisito facilmente i loro titoli e avevano costruito senza problemi”.
Il 2010 segnò una novità nella vita di Mbobero, da molti ritenuta benefica. L’allora Presidente della Repubblica, Joseph Kabila Kabange, aveva acquistato a Mbobero il terreno di un certo sig. Mihigo Chokola, che a sua volta l’aveva acquistato dal sig. Michaux. Con un vicino di tale importanza, molti abitanti di Mbobero sperarono nell’arrivo della corrente, nel miglioramento delle strade… “Fino a quattro anni fa -continua Innocent Mbaswa- Kabila ha vissuto bene con la gente di Mbobero, nella terra che aveva acquistato dal sig. Mihigo e i confini erano ben rispettati e ci sono ancora, nascosti dalla boscaglia”. Poi, la gente ne ha constatato, con stupore, l’allargarsi progressivo.
Il 31 gennaio 2016 è cominciata la catastrofe, con la prima distruzione di case e requisizione di campi… Degli zelanti intermediari avevano suggerito al presidente che tutto il terreno poteva essere suo. “A gennaio 2016 -continua Innocent Mbaswa- ci hanno detto: ‘Che cosa fate ancora qui? Perché il Presidente dovrebbe vivere con voi?’. Hanno distrutto case e anche un ospedale. Era solo la prima ondata di demolizioni. La seconda, più vasta, è arrivata all’inizio di febbraio 2018: è questo che ha causato la miseria attuale della popolazione di Mbobero… Kabila è perfino andato oltre la concessione che apparteneva a Michaux, verso Mbiza, nella palude coltivata di Murhungu e verso il lago Kivu, benché lo Stato obblighi a lasciare dieci metri liberi dalla riva”.
Nel febbraio 2018, per procedere alla distruzione, Mbobero è stata invasa da militari come se si trattasse di un terreno di guerra. Testimonia la signora Josiane Nankafu: “Abito a Mbobero dal 1996. Sono mamma di nove figli e ho tre nipotini. Vivevamo senza problema in due case di legno che mio marito aveva costruito. All’inizio di febbraio abbiamo visto arrivare nel nostro villaggio molti soldati, come se andassero in guerra. Hanno cominciato a demolire le nostre case. L’8 febbraio, quando è toccato alla mia, ero nel nostro campo a seminare i fagioli. Mentre tornavo i miei figli mi sono venuti incontro dicendo: ‘Mamma, hanno distrutto la nostra casa!’ … Poliziotti e militari avevano preso le pentole, i piatti e tutto ciò che di bello si poteva trovare all’interno. Abbiamo lasciato il luogo con qualche bagaglio sulla testa, senza sapere dove andare. Una persona ci ha offerto a casa sua una stanza per me, mio marito e sette figli: due ragazzi e cinque ragazze. Non avevamo mai vissuto una disgrazia simile. Mio marito ha detto: ‘Non posso vivere in una sola stanza con sette figli e la loro madre!’. Ha trovato un lavoro di sentinella notturna in una scuola. Prima, alle cinque e mezza del mattino, andavo nel mio campo a cogliere foglie di manioca, le mettevo in un sacco e andavo al mercato in città: trovavo così un po’ di farina e di olio, e i nostri figli mangiavano. Adesso non ho più nulla… e il padrone di casa comincia a dirci che è stanco di ospitarci”.
Alla vigilia delle demolizioni di febbraio 2018, i giovani di Mbobero organizzarono una resistenza, come spiega uno di loro, Egide Muderhwa Aganze, che ...[continua]

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