Brice Lalonde
Questa serata nasce da un triplice sentimento di rivolta.
Una rivolta di fronte ai massacri. Una rivolta di fronte all’inazione delle forze politiche europee. E, infine, una rivolta di fronte al conformismo benpensante che tende a mettere sullo stesso piano tutti i protagonisti della crisi algerina: coloro, i detentori del potere, che non sono certamente democratici e coloro che, prendendo a pretesto il carattere non democratico di quelli, si arrogano il diritto di uccidere donne e bambini. Ebbene, bisogna affermare chiaramente che nessuno possiede un diritto del genere!
Omar Belhouchet
direttore del quotidiano El Watan
Gli islamisti hanno, nel mio paese, una strategia basata sui massacri. L’opinione pubblica francese, gli uomini politici e gli intellettuali francesi sanno oggi che non si possono voltare indefinitamente le spalle alla verità. Certo, la mancanza di trasparenza del potere algerino, le gravi violazioni dei diritti dell’uomo, le pressioni che il potere esercita sulla stampa indipendente, rendono difficile la comprensione di quel che effettivamente succede nel mio paese. Ma il dubbio sentenzioso "chi uccide chi?" non ha alcun senso. L’islamismo armato in Algeria non è una finzione, è una realtà che provoca molti lutti al mio popolo.
Robert Badinter
In Algeria, oggi, alcune cose sono evidenti. La prima è che i massacri, gli omicidi collettivi, gli stupri di massa, gli sgozzamenti di bambini e neonati hanno un nome ben preciso: sono crimini contro l’umanità. Si tratta dei crimini più gravi che si possano commettere, perché nella persona delle vittime colpiscono l’umanità intera. Questo vuol dire che attraverso ogni persona che viene assassinata, torturata o violentata oggi in Algeria siamo noi tutti ad essere direttamente colpiti. Tutto ciò implica che nessuno stato, alla fine di questo secolo così segnato da crimini contro l’umanità, può rifiutarsi di aprire le porte a chi vuol fare conoscere la verità su crimini di tale portata. Al di là della sovranità degli stati c’è l’umanità.
Jacques Julliard, redattore
del settimanale Le Nouvel Observateur
Vorrei dire alcune cose molto semplici, perfino banali. La prima è che il terrorismo ha sempre tratto profitto dalla stanchezza delle popolazioni, delle autorità, dell’opinione pubblica, nazionale e internazionale. E’ lo scoramento che conduce pian piano ad accettare l’inaccettabile. Se è vero che sono gli algerini ad essere massacrati, è il mondo intero che i terroristi vogliono far cedere. Noi siamo qui, questa sera, per affermare quel che tutti sanno, ma che alcuni negano, e cioè che gli assassini sono in primo luogo gli islamisti. Sono loro stessi a dirlo! Eppure, si trova sempre qualcuno pronto a discolparli. La cortina fumogena sparsa intorno all’identità degli assassini è un’arma potente nelle mani di questi ultimi. Infatti, se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Se tutti hanno le mani lorde di sangue, tutti hanno le mani pulite. Noi conosciamo bene i crimini cui porta la repressione. Non c’è bisogno di negarli né di nasconderli. Sappiamo bene che ogni repressione comporta violenze e ingiustizie inaccettabili. Ma dire che i crimini degli islamisti e la repressione sono la stessa cosa rappresenta il primo passo verso la capitolazione di fronte al terrorismo.
Bernard Henri-Lévy
Vorrei lanciare un appello ai governanti europei per dire loro che ne abbiamo abbastanza di veder messi fianco a fianco i terroristi e coloro che li combattono. Mettere tutti sullo stesso piano, infatti, costituisce un’assoluzione per gli assassini, significa concedere loro proprio quel che rivendicano. Vorrei dire ai governanti europei che ne abbiamo abbastanza di sentir dire a Parigi: "Non si transige con i terroristi. Non si transige con chi massacra i bambini" e, poi, sentir affermare ad Algeri, quando si spacca la tes ...[continua]
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