Cari amici,
mentre vi scrivo la notizia del giorno -coperta in modo un po’ intermittente in Italia- è quella del processo di Bo Xilai, l’ex-Segretario di Partito di Chongqing e pezzo da quaranta del Partito comunista cinese, caduto in disgrazia in modo colossale, come non si vedeva dagli anni Ottanta, con il processo della Banda dei Quattro. La storia è confusa, sordida e sorprendente, ma non ve ne parlo più di tanto, perché credo che un po’ ve ne sia giunta notizia: Neil Heywood, una sorta di faccendiere britannico amico di Bo e di sua moglie Gu Kailai, è stato trovato morto in un hotel (Hotel Vacanza Fortunata, si chiama, neanche fosse uno scherzo) fuori Chongqing. Poco dopo il braccio destro di Bo, il superpoliziotto Wang Lijun, ha cercato asilo al Consolato americano, che non ne ha voluto sapere, e un po’ per volta si è arrivati al patatrac della fine di agosto. Con Bo in tribunale, per l’appunto, accusato di corruzione e abuso di potere. Durante il processo
si è vista una registrazione in cui la moglie (che ora sconta l’ergastolo per l’omicidio di Heywood) rilasciava una deposizione ai danni di Bo in cui sembrava completamente fatta. Poi si è visto l’ex-braccio destro (15 anni di prigione per tentata defezione e abuso di potere) che ne rilasciava un’altra, questa volta di persona in tribunale, che era roba da notte dei lunghi coltelli. Tutto questo trapelava grazie a un servizio di mini-blog alla Twitter che filtrava accuratamente le nefandezze da raccontare al pubblico da quelle da tenere più riservate, ma dove veniva fuori una serie infinita di follie -amanti esose e chiacchierone, amori incrociati, figlioli talmente abituati al privilegio da essere citati in causa per aver portato in dono ai genitori carni di animali in via di estinzione da un safari in Africa, e via dicendo. Una storia di nuovi ricchi e di abusi di potere incredibili, che però ha lasciato fuori dall’aula del tribunale tutti i veri abusi: Bo era stato un formidabile nemico del crimine organizzato nella sua Chongqing, ma nella fretta di fare piazza pulita, diciamo così, ha torturato e incastrato delle persone, e già che c’era si è sbarazzato anche di qualche nemico personale. Nessuna delle vittime di Bo è stata parte in causa al processo, gli unici erano per l’appunto i protagonisti di questa sordida sceneggiata che il Partito ha scelto di mettere in luce: come a dire pazzi i Bo e i loro associati, non certo il Partito comunista cinese!
Una recente visita a una fabbrica di gioielli e diamanti che ho compiuto vicino a Guangzhou, invece, mi ha fatto pensare a quanto più diffusa sia la follia e la corruzione, ma anche l’atteggiamento -che non so quanto a lungo potrà durare- di chi pensa, visto il rapido migliorare del tenore di vita, che tutto gli sia possibile.
Dunque, ero a Shantou, a visitare la fabbrica della Chow Tai Fook, che è il più grosso gruppo di gioielleria al mondo, con 1743 punti vendita, quasi tutti in Cina. Ai cinesi, ormai si sa, piace molto acquistare oro e orologi preziosi -in parte per amore dello sfarzo vistoso e in parte perché, per un popolo che ha dovuto così di frequente fare fagotto davanti a situazioni politiche altamente instabili e pericolose, i beni di valore facili da trasportare hanno un ruolo molto importante.
La fabbrica è immensa, con più di 2.000 operai, la maggior parte dei quali lavora compiendo un unico gesto tutto il giorno. Ho chiesto per quanto tempo, e il manager che mi accompagnava nella visita mi ha risposto, tutto contento: "Alcuni anche per vent’anni!”. Vent’anni passati a strofinare un diamante grezzo su una superficie rotante, con scarse possibilità di cambiare mansione all’interno della fabbrica, e con l’unica prospettiva di avere la vista che s’indebolisce. Per carità, rispetto a tante fabbriche
cinesi questa non ha nulla di terribile: i lavoratori hanno condizioni buone e orari decenti, una paga bassa pensando che producono diamanti (circa 300 euro al mese i più qualificati) ma più che alta per il Delta del Fiume delle Perle, nel Guangdong; inoltre, non dormono nei prefabbricati vicino alla fabbrica ma possono occupare degli appartamenti della Chow Tai Fook nei dintorni e hanno un intero piano dedicato agli svaghi -karaoke, sala da ballo, ecc.
Poi andiamo nella sala riunioni e uno dei manager principali racconta i mille successi della Chow Tai Fook che, vista la fame di oro dei cinesi, "deve rifornire le gioiellerie tre volte al giorno! Scherziamo sempre dicendo che potremmo essere un fornaio, a questi ritmi”.
A Hong Kong, infatti, durante le feste cinesi -il 1 maggio, il 1 ottobre, il Capodanno lunare- le gioiellerie sono prese d’assalto dai turisti d’oltre confine, dato che qui ci sono meno tasse che in Cina e molti si divertono a fotografare le bacheche delle gioiellerie svuotate, la sera, e metterle sui siti di social media. Poi, proprio oggi (siamo agli ultimi di agosto mentre vi scrivo) leggo sul giornale che il governo centrale ha deciso di essere "più severo” con quelli che vengono a fare i viaggi d’affari a Hong Kong comprando oro e gioielli a tutti i potenziali investitori, e mi viene in mente il "panettiere” della Chow Tai Fook e penso che non ne sarà così contento. Ma se bastasse un piccolo annuncio delle autorità centrali, vorrebbe dire che la corruzione, l’istituzione del regalino costoso, degli appartamenti per le varie amanti, per i figli e per l’investimento, ovvero quello che è oggi la norma per una classe intera di nuovi ricchi (funzionari di Partito e imprenditori) non sarebbe un problema poi così grave. Invece lo è, e il processo show del decennio se non altro ha confermato proprio questo.
Ilaria Maria Sala