Più che sui rischi della retorica io ho avuto qualche dubbio all’inizio sul fatto di dover chiedere a un ragazzo, a data fissa, di ricordare qualcosa. A me pareva una specie di compito scolastico, che non corrispondeva al valore del ricordo, che è un altro; il valore del ricordo è la riflessione sul fatto. Non è solo il ricordare il fatto, ma è il lavorarci sopra. Comunque penso che questa giornata possa essere un’occasione.
Forse bisogna pensare al modo di avvicinarsi a questa memoria. La domanda che mi pongo, voglio dirlo apertamente, riguarda il modo di vivere il ricordo in una situazione in cui la tendenza è l’oblio. Cosa significa ricordare quando il trascorrere del tempo attenua fortemente il vigore delle immagini? Io poi non dimentico che l’oblio, a volte, può sembrare un elemento provvidenziale. Si può pensare che, a volte, certi conflitti umani e sociali possano essere superati soltanto attraverso l’oblio, attraverso la dimenticanza di determinati avvenimenti. E’ un’osservazione, mi pare, che Renan fece alla fine dell’800, quando disse che la nazione francese aveva potuto nascere in quanto era stata dimenticata la Notte di San Bartolomeo. Così era stata evitata la contrapposizione delle vittime di San Bartolomeo alla monarchia francese, che altrimenti avrebbe impedito di fare la Francia.
Questa domanda sull’oblio io me la pongo. Non c’è niente di male che si attenui il vigore di una memoria, la drammaticità di una memoria.
Io sono convinto che una storia atroce come Srebrenica non potrà essere cancellata neanche fra cento anni, però fra cento anni, quando saranno morti tutti quelli che possono ricordarla, o che ci hanno pianto sopra, il racconto di quella storia provocherà sentimenti comunque diversi da adesso. Che certe memorie si attenuino, si raddolciscano, non mi preoccupa. Mi preoccupa altro. Mi preoccupa innanzitutto che sorga l’occasione della negazione dei fatti, che con il passare del tempo si buttino via i fatti. Questo è intollerabile. I fatti non possono essere annullati, i fatti devono essere sempre richiamati. Su questo non c’è il minimo dubbio.
In secondo luogo mi preoccupa il modo in cui i fatti vengono detti. Ora, io mi rendo conto che si possano ricordare i fatti in modo diverso, però quando con ipocrisia il fatto viene già presentato in modo da essere, per così dire, raccontato in modi diversi, siamo di fronte a un’inaccettabile banalizzazione che credo sia anche molto pericolosa.
Faccio una digressione. Voglio cogliere questa occasione per dire l’originalità del modo in cui voi avete risuscitato una memoria. Non avete soltanto riprodotto una memoria, l’avete fatta rinascere facendo emergere anche gli affetti a essa collegati, e che potevano essere sopiti, rimossi dal tempo e anche dall’opera infame degli uomini che avevano collaborato col tempo nell’opera di rimozione. Questo mi fa venire in mente un aspetto della vostra esperienza che ha a che fare, in qualche modo, con il problema del ricordo, ed è il vostro modo di fare delle lunghe interviste. Ecco, è questo che mi colpisce: la lunghezza non è solo una caratteristica fra altre di un un modo di fare interviste, è un’altra cosa, è la richiesta di una valutazione nei tempi lunghi. Si chiede a qualcuno non soltanto di dire quello che pensa, ma di pensarlo in tempi lunghi.
Ora, a mio giudizio, il sollecitare i tempi lunghi è decisivo. Noi siamo tutti inchiodati al tempo immediato in un modo addirittura brutale, ma quando possiamo portare il nostro pensiero su dei tempi diversi, noi sentiamo che i problemi cambiano. I problemi diventano diversi.
Voglio tornare sulla memoria. Come fare allora a vincere l’oblio? L’oblio si può vincere, secondo me, solo se il ricordo è legato non solo al fatto che viene richiamato, e che si ritiene di dover richiamare, ma a qualcos’altro, alla ragione, cioè, che ci spinge a ricordare, che non può non aver a che fare con problemi nuovi che oggi vengono avanti. Bisogna pensare che ci sono delle domande di oggi. La memoria non è soltanto la ripetizione delle domande di ieri. La memoria è soprattutto il proporre delle domande nuove.
Faccio un esempio scontato: il problema dell’unicità dell’esperienza, problema sollevato così profondamente dalla Shoah. Vorrei dire che oggi lo sento molto acutamente perché vedo che vi è un problema di unicità ...[continua]
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