Carlo Degiacomi, già sindacalista Fim-Cisl e segretario Flm, è stato fra i fondatori di Radio Torino Popolare. E’ il promotore della Tre Giorni del volontariato che da quindici anni vede riunirsi in città tutte le innumerevoli realtà del volontariato piemontese, e il direttore del museo “A come ambiente”.

Da tempo ormai ogni anno si tiene a Torino la Tre Giorni del volontariato che vede centinaia di associazioni “uscire” in città e ritrovarsi insieme non solo a presentare il proprio lavoro, ma a discutere fra loro e con i cittadini. Puoi dirci come siete riusciti a costruire un simile appuntamento?
Per spiegarlo occorre fare un passo indietro e partire, ventidue anni fa, dalla nascita di Radio Torino Popolare, una radio gestita da una cooperativa, a sua volta generata da una costola del sindacato. Una radio locale che ha avuto, fin dall’inizio, l’ambizione di essere attenta e curiosa verso ciò che accadeva in città, di avere antenne capaci di captare le trasformazioni che attraversavano il mondo giovanile o quello del sociale. In particolare il mondo del volontariato, così ricco e variegato, è sempre stato per noi un terreno al quale abbiamo dedicato molta attenzione, instaurando con esso un rapporto di scambio e di stimolo che ha fatto crescere anche la cooperativa. La quale, a sua volta, ha poi dato vita a ulteriori entità associative attive in vari settori del sociale.
D’altronde la scelta di stare in mezzo alla società, descrivendone ed esaltandone i suoi aspetti migliori è per noi una scelta culturale, perché solo così, ragionando e riflettendo insieme alla gente in carne ed ossa, sulle cose che si fanno quotidianamente, si può riuscire a incidere sulla realtà e a modificare gli assetti istituzionali. E la radio, in questo senso, può essere uno strumento importante per scoprire novità, aspetti, ricchezze di un territorio che altri mezzi di comunicazione non colgono. In questi ultimi anni, poi, si è data il compito di documentare e raccontare le buone pratiche delle associazioni, delle cooperative, ma anche dell’ente locale. E’ un progetto, quindi, squisitamente culturale, ma alla fine anche politico, perché quando la radio dà voce alle associazioni che vengono, e spiegano, e denunciano, è ovvio che l’ente locale si senta chiamato in causa e stimolato a dare delle risposte.
Il senso della Tre Giorni è quello del confronto fra realtà diverse, spesso non comunicanti fra loro?
Sì. Partendo dal presupposto “diamo voce a tutti, siamo qui apposta!”, dopo un po’ ci siamo visti arrivare decine di gruppi e associazioni che si occupano delle cose più svariate e abbiamo cominciato a cogliere il problema di fondo: queste realtà del volontariato sono spesso troppo sommerse e frammentate, silenziose, poco conosciute, collocate “tra le pieghe” del sociale (a parte alcuni personaggi molto in vista come don Ciotti o Ernesto Olivero del Sermig/Arsenale della Pace). E abbiamo iniziato a capire che esistono problemi sia di comunicazione verso l’esterno sia di interconnessione, di rete, tra le realtà stesse. E’ nata così l’idea di dare vita a una manifestazione -parliamo di quindici anni fa- una tre giorni, in cui mettere insieme tutte queste entità, nel tentativo di costruire una rete che unisse le “madamine bene” -come le chiamiamo qui a Torino- cioè le signore della buona società torinese che fanno interventi in ospedale, gli operatori del Gruppo Abele che seguono i tossicodipendenti, gli Alcolisti Anonimi, le associazioni cattoliche, le cooperative sociali o quelli che fanno volontariato nei canili, ecc.
All’inizio la cosa venne presa quasi come una bestemmia, ognuno a dire: “Cosa c’entriamo noi in questa storia?”. E noi a spiegare che, pur nelle reciproche diversità, c’erano delle basi comuni che univano questo mondo, che non c’era un volontariato di serie A che si occupava dei malati, e uno di serie B che magari si occupava delle sponde dei fiumi. E fin dall’inizio con un’idea ben precisa: da una parte far conoscere alla cittadinanza il mondo del non profit, e dall’altra riuscire a raccontare, a diffondere queste buone pratiche, chiedendo però a questo arcipelago uno sforzo di autocritica, affinché comprendessero che è necessario discutere con tutti, e non solo con i propri simili, sulla base, certo, delle rispettive identità ma senza creare a priori separazioni e steccati.
Oggi la Tre Giorni è diventata un grande punto di riferimento per la città di Torino. Ha però la volontà precisa di rimanere su ...[continua]

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