Hernán Báez Tapia è presidente del sindacato indipendente dei lavoratori "Cantanti Urbani del Cile".

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Sono il presidente del Sindacato Indipendente dei Lavoratori “Cantanti Urbani del Cile”, i cantanti di strada che fanno musica nella città e nelle micro, i bus del trasporto pubblico di Santiago. Mi sono sempre dedicato all’arte, soprattutto alla scrittura, e un giorno ho pensato di impiegare sulle micro la mia arte. Le micro offrono un pubblico numeroso: un artista delle micro può essere ascoltato da 500-800 persone se lavora almeno 4-5 ore al giorno. Cinque anni fa, quando ho iniziato, avevo il “panico da palcoscenico”, e anche un po’ di vergogna, perché non ero preparato a confrontarmi con un pubblico che non era lì per ascoltarti. E’ stato difficile, però in seguito ci ho provato gusto.
Come vi spartite le zone della città?
L’attività dei cantanti, ma anche quella di attori, pagliacci, poeti e mimi è ripartita bene in tutta Santiago. Ci sono punti in cui siamo in molti, ad esempio in Irarrázaval, o Providencia, Los Leones e naturalmente l’Alameda, l’arteria principale di Santiago. Io arrivo fino a Pajaritos. Di solito giro, mentre la maggioranza degli artisti preferisce bazzicare sempre nella stessa zona. Però tutti ci riuniamo all’angolo di Irarrázaval con Vicuña Mackenna, la “culla degli artisti”, dove 35 anni fa si incontrarono i primi cantanti delle micro. La maggioranza era di Peñalolen, scendeva dal suo quartiere e raggiungeva il viale di Vicuña Mackenna, a pochi passi da Piazza Italia.
I settori dove si lavora dipendono anche dal tipo di musica che si suona: ci sono cantori che fanno una musica più festosa, ballabile. Questa gente di solito lavora in Gran Avenida, Santa Rosa, settori più popolari. Noi cantautori che facciamo una musica di contenuto, siamo costretti a lavorare nei quartieri alti, perché è la classe media la più disposta ad ascoltare canzoni di questo tipo.
Un po’ di tempo fa si guadagnava molto bene, 20.000 pesos al giorno (30 euro, ndr). Oggi non è più così: la maggior parte degli artisti “lotta” per 8.000 pesos, lavorando tutto il giorno, dalle 9 alle 13 e dalle 15 e 30 alle 21.
A me piace lavorare di sera; la gente è più rilassata ed ha più voglia di ascoltare qualcosa che la colpisca. Io suono Silvio Rodríguez, Víctor Jara, Pancho Villa. Ciò che faccio sui bus è anche dialogare con la gente. Spesso suono e poi parlo del sindacato, della sua lotta, perché le persone comincino a considerarci un’espressione artistica che rappresenta un aiuto per loro, oltre che un intrattenimento. E poi non ci sono radio e televisioni che trasmettano musica popolare, che diffondano arte di strada. Il canto di strada ha una connotazione politica. Durante il regime l’artista delle micro, principalmente il cantante, fu uno di quelli che più mise a rischio la sua vita. Da una parte volevamo far arrivare alla gente la musica che era proibita e dall’altro divulgare l’idea di recuperare la democrazia, perdere la paura della dittatura e recuperare gli spazi pubblici. In questo senso credo che i cantori delle micro lottarono e soffrirono molto.
Spazi pubblici per i quali state ancora lottando, anche in tempo di democrazia …
Una democrazia che è arrivata col famoso slogan “adesso viene l’allegria”, fatto solo di promesse. La promessa che una volta senza il dittatore, gli artisti di strada avrebbero avuto nuovi spazi per esprimere la loro arte. Fino a oggi non è stato così. Da 6 mesi circa la polizia non può più arrestarci: tuttavia le condizioni nelle quali lavoriamo sono molto precarie. Non siamo rispettati, non siamo considerati artisti, non è riconosciuto il nostro apporto alla società, e oggi ci troviamo a doverci confrontare con il progetto di “ristrutturazione”, che proibisce ai conduttori di far salire passeggeri che non pagano il biglietto, quindi anche gli artisti delle micro. Sembra che in questa democrazia tra virgolette, avremo molte più difficoltà che sotto la dittatura... perché per lo meno prima ci proibivano di suonare in modo palese, sapevamo contro chi stavamo lottando.
Come lavora il sindacato?
Siamo riusciti a sederci allo stesso tavolo con le autorità del governo Lagos, un governo che in realtà non ci ha considerato molto. Ora stiamo aspettando che la presidente Bachelet mantenga le sue promesse. Quando è stata eletta ci siamo presentati a casa sua. Era una protesta ed i media la presentarono come una serenata. Lei ci rispose c ...[continua]

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