Angelo Raffaele Meo è professore presso il Dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico di Torino. Ha diretto il Centro di Elaborazione Numerale dei Segnali del Cnr, il progetto finalizzato "Informatica”, il Centro di Supercalcolo del Piemonte. Nel triennio 2006-2009 è stato il presidente dell’Accademia delle Scienze di Torino. Per la sua attività scientifica ha ottenuto alcuni riconoscimenti importanti, come il premio nazionale "Bonavera” per l’elettrotecnica, il premio "Galileo” per la divulgazione matematica e il premio internazionale "Ricerca e Innovazione”.

Lei considera Internet la più grande invenzione del secolo. Può parlarne?
Per me Internet è il simbolo della grande rivoluzione che stiamo vivendo, ed è un miracolo. A me viene sempre in mente quel brano del Vangelo secondo Giovanni: "Andò Simon Pietro e tirò a terra la rete piena di 153 grossi pesci e sebbene erano tanti la rete non si strappò”.
Il miracolo è, innanzi tutto, tecnologico: chi ha lavorato sulla rete nei primi anni ricorda quanto fosse difficile realizzare una rete di poche decine di calcolatori. Oggi sono due miliardi gli utenti collegati. Tra questi 400 milioni non sono dei meri utilizzatori, sono dei contributori, nel senso che trasmettono dati.
Poi c’è il miracolo socio-economico. A mio giudizio, se il Dna è stata la più importante delle scoperte del secolo, Internet è stata la più sorprendente delle invenzioni, il più importante prodotto di ingegneria, perché mai nella storia dell’umanità l’uomo ha avuto a disposizione uno strumento così potente ed efficace per la crescita del sapere e per la diffusione delle conoscenze.
Infine, Internet è un prodotto che nasce fuori dalle regole standard della competizione e del mercato. Tutto avviene all’insegna della cooperazione e della solidarietà: tutto è free e a disposizione di tutti.
Secondo me, Internet è la realizzazione più importante della logica del software libero.
L’intelligenza di Internet è l’Ietf: Internet Engineering Task Force. Tutte le tecnologie di base di Internet sono state sviluppate o perfezionate da questa comunità, che è caratterizzata anch’essa dall’essere totalmente free, che significa che non solo la partecipazione è libera (si partecipa come Angelo Raffaele Meo di Moncalieri, non come il prof . Meo del Politecnico), ma sono liberi e accessibili anche i principi, le idee base, il codice, i programmi… Trovo emblematico che i documenti su cui è basato il know how di Internet, un enorme patrimonio di conoscenze, siano gli Rfc (Request For Comment), e cioè "richieste di commenti”, che non devono essere formali, ma chiari e precisi. Recita Ietf: "scriveteli nel cesso ma chiari e precisi”. Il motto dell’Ietf è "rough consensus and running code”, un consenso di massima e codici che funzionano.
Ha citato il software libero: cos’è e qual è la sua storia?
Se vogliamo risalire alle origini del software libero dobbiamo partire dai primi anni dell’informatica. All’epoca, l’oggetto delle transazioni economiche, ciò che si vendeva, era soltanto l’hardware, il software veniva regalato insieme all’hardware come strumento per incentivarne la vendita. Poi, un certo giorno, il software  cominciò a essere venduto coperto dal copyright. Questo avvenne nella metà degli anni ‘70 del secolo scorso.
A questo punto della storia entra in scena Richard Stallman, il grande guru dell’informatica libera.
Stallman era un sistemista del leggendario Mit, il Massachussettes Institute of Technology, e si occupava quindi di fornire servizi di calcolo a tutti gli utenti del Mit (dobbiamo ricordare che a quei tempi i calcolatori erano prevalentemente centrali e grossi). Un giorno ebbe bisogno di modificare il software di una stampante Xerox, per fornire un servizio più efficiente. La Xerox gli rifiutò il codice sorgente affermando che era coperto da diritti di proprietà intellettuale. Fu a quel punto che Stallman iniziò a maturare l’idea che fosse necessaria una sorta di rivoluzione culturale: bisognava adoperarsi per abolire i vincoli del copyright, o quanto meno per trovare soluzioni che fossero libere.
Si licenziò pertanto dal Mit e fondò la Free Software Foundation, la fondazione del software libero, che si diede come primo obiettivo la realizzazione di un sistema operativo tutto libero. Lo chiamò Gnu in omaggio alla gloriosa cultura hacker.
Le campagne di stampa ci hanno abituato a identificare gli hacker con pedopornofili, o ladri d’identità, o ...[continua]

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