Due secoli ci separano dal sorgere dei movimenti e delle teorie socialiste. Due secoli in cui proprio gli eredi, più o meno legittimi, di quelle idee hanno spesso fatto la storia; in cui hanno cercato, in uno sforzo titanico, di cambiare le condizioni di vita di gran parte dell’umanità; in cui, non di rado, si sono trovati su lati opposti di una barricata non solo metaforica. E proprio questo vivere fino alle estreme conseguenze le idee ed il modo di essere che alle idee sottende, ha rappresentato uno dei caratteri salienti del movimento socialista: come tutte le passioni, infatti, il socialismo non ha temuto il sangue per manifestare la propria verità. E come tutte le passioni il socialismo al suo iniziale manifestarsi, quando ancora le ideologie non avevano preso il posto di un sentire che produceva idee, è stato contemporaneamente unidimensionale e poliedrico, disponibile ad ogni apporto ed esclusivo nel suo proporsi, stimolatore di pensieri e vite contrastanti e unico, irriducibile, nella sua ragione ultima. Da sempre su quel crinale che separa ed unisce il tramontare ed il risplendere il "sol dell’avvenire” socialista è stato, nonostante i reiterati tentativi, irriducibile alle categorizzazioni più o meno "scientifiche”. Il socialismo non si può, se non impoverendolo e snaturandolo, racchiudere in formule, magari "aperte”: il socialismo si può solo narrare attraverso le vite e le parole dei socialisti. Di questa narrazione è paradigmatica la figura del militante e pensatore francese Pierre Joseph Proudhon, ispiratore e avversario di Marx. Il socialista libertario le cui idee furono fatte proprie dalla destra cattolica o nazionalista e dal sindacalismo rivoluzionario, dal liberalismo più conseguentemente radicale e dall’anarchismo come dal riformismo più moderato e, contemporaneamente, non furono completamente accettate da nessuno. Nell’opera di Proudhon sono già racchiuse tutte le questioni -dalla differenza sessuale al federalismo, dalla libertà individuale alle regole necessarie del vivere in società, dal bisogno di mutamento alla necessità di continuità- che fecero sorgere le idee e i movimenti socialisti, anarchici, riformisti, comunisti. Le stesse questioni in cui ancora si dibatte il nostro vivere.
Si parla ormai apertamente di una probabile fine del PSI, dovuta alla crisi provocata dallo scandalo di Tangentopoli, e si dice pure che la fine del PSI sarebbe anche la fine della tradizione socialista Eppure il "rinnovamento” craxiano si era presentato proprio come tentativo di rinnovare questa tradizione, sganciandola definitivamente dal marxismo...
Fu il discusso "ritorno a Proudhon”. E con Proudhon, un pensatore fino ad allora quasi dimenticato che aveva cercato di identificare le strade di un cambiamento sociale radicale senza ricorrere alla rivoluzione catartica, escatologica, si tornava ad affrontare il problema dei "modi” del cambiamento sociale che fin dall’inizio, dalla Prima Internazionale, è stato uno dei problemi di fondo del movimento socialista. I primi dibattiti dell’Internazionale furono proprio incentrati su questa problematica ed è a questo dibattito che si riallacciò Craxi con una lettura, a mio parere del tutto illegittima, di Proudhon. Una lettura che, tuttavia, sottolineava giustamente come nella critica al comunismo di tipo russo non si dovesse incolpare di tutto chi aveva portato al decadimento dell’idea marxista originaria, in sé rimasta pura e valida o appellarsi ai buoni sentimenti. Craxi e gli intellettuali che lo affiancavano (Paolo Flores D’Arcais, Luciano Pellicani, Federico Cohen, una parte dei quali, viste le giravolte politiche craxiane, dopo un po’ lo abbandonò) cercavano di definire una teoria politica socialista che facesse veramente i conti con la realtà del capitalismo "post-moderno” ed in questa ricerca pensarono che fosse necessario andare all’origine di questa stessa tradizione.
E all’origine c’è, appunto, anche Proudhon. Questi era un personaggio fuori da ogni schema: autodidatta, per molti anni tipografo, con una cultura enciclopedica, amico di Victor Hugo e di Baudelaire, avrebbe voluto essere un filosofo, ma, anche se si poneva il problema del grande sistema teorico, era dichiaratamente asistematico ed è anche per questo che da molte sue intuizioni hanno preso spunto le correnti politiche più disparate. La teoria politica più vicina a Proudhon è certamente l’anarchismo, ma nel primo ‘900 anche una parte della destra francese si rifece a ...[continua]

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