Claudio Venza insegna Storia della Spagna contemporanea all’Università di Trieste ed è condirettore della rivista "Spagna contemporanea”. È autore di Anarchia e potere nella guerra civile spagnola (1936-1939), Eleuthera 2009.
La Guerra di Spagna è stata un evento molto complesso, in cui la guerra contro il fascismo, che con il golpe dei generali ribelli, tra cui Francisco Franco, voleva rovesciare la repubblica democratica, si è intrecciata con la rivoluzione sociale, di stampo comunista libertario, promossa dagli anarchici. Quali furono le conseguenze di questo intreccio all’interno del movimento libertario?
In una battuta si potrebbe dire che gli anarchici e gli anarcosindacalisti, che numericamente erano maggioritari fra le classi popolari organizzate, sono stati bravi a fare la rivoluzione, ma non sono stati in grado di cambiare il mondo. A questo occorre subito aggiungere, però, che la scelta della rivoluzione fu in larga parte una costrizione dovuta a un evento che i libertari non avevano previsto, cioè il golpe per instaurare in Spagna un regime filo-fascista, o meglio reazionario e nazionalcattolico, che cominciò il 18 luglio 1936 e che gli anarchici, assieme ad altre forze che non erano certo rivoluzionarie, riuscirono a fermare, soprattutto grazie alla grande mobilitazione popolare che furono in grado di suscitare e guidare.A respingere i golpisti, quindi, non furono solo gli anarchici, né furono, d’altra parte, solo i vari partiti antifascisti e quei settori minoritari della Guardia Civil o delle Guardias de Asalto che erano rimasti fedeli alla Repubblica. C’è stata quindi, fin dall’inizio, una sorta di alleanza contro natura: il 19 luglio non è il giorno della rivoluzione anarchica, come invece viene di solito detto, ma il giorno in cui prima di tutto si difende la repubblica democratica e progressista emersa dai risultati elettorali di qualche mese prima.Il problema fondamentale è che il golpe, anche dove fallisce, provoca il collasso delle strutture statali ed è a partire da questo crollo che immediatamente si sono posti dei problemi organizzativi, di sopravvivenza quotidiana. A questi i libertari fecero fronte con una serie di misure rivoluzionarie, come le collettivizzazioni agricole, industriali e dei servizi e la formazione delle milizie. Il golpe, inoltre, arriva in seguito a una situazione generale estremamente complicata, dopo anni molto turbolenti.Nella sua prima fase, quella cosiddetta riformista del 1931-1933, infatti, la Repubblica realizza alcune riforme sociali e politiche, ma spesso non esita a reprimere le lotte popolari, guidate soprattutto dal movimento libertario, cioè dagli anarcosindacalisti, organizzati nella Cnt (Confederación nacional de trabajo, il sindacato anarcosindacalista), e dagli anarchici, in gran parte aderenti alla Fai (Federación anarquista iberica, l’organizzazione specificamente anarchica, nata nel 1927).Il caso più macroscopico, mentre il governo della Repubblica è in mano a un’alleanza conservatrice, fu l’insurrezione delle Asturie dell’ottobre 1934, che nasce come sciopero dei minatori proclamato dalla Ugt (Unión general de trabajadores, il sindacato socialista), cui la Cnt asturiana aderisce, ma diventa ben presto un moto rivoluzionario e finisce con una repressione feroce e oltre mille morti fra i civili.Tutte queste trasformazioni hanno, ovviamente, forti ripercussioni anche nella Cnt, che nel 1936 contava circa 500.000 iscritti.
L'intervista continua nel numero 184 di Una Città. E' ora possibile comprare singole copie della rivista al costo di 3 euro, o abbonarsi on line per un anno al costo di 20 euro, qui.
l'altra tradizione, pagine di storia
Una Città n° 184 / 2011 maggio 2011
Intervista a Claudio Venza
Realizzata da Franco Melandri
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