Pasquino Porcu, 72 anni, già dirigente Cisl, è stato sindaco di Mores per due mandati, fino a maggio 2011. L’intervista è stata raccolta alla vigilia delle ultime elezioni.

Lei dice di essere diventato sindaco di Mores un po’ per caso. Può raccontare?
Io vengo dal sindacato, ho iniziato negli anni Cinquanta, ho fatto anche un’esperienza all’estero, negli Stati Uniti. In effetti sono diventato sindaco per caso. Il padre di mia moglie era originario di questo paese, quando è andato in pensione ha diviso la terra e un pezzo è spettato a mia moglie, così abbiamo pensato di farci una casa qui. All’epoca avevo lasciato la direzione sindacale, mi occupavo di formazione, stavo poco a casa, non avevo molti rapporti col paese, la mia sede era Sassari, però, appena trasferiti, non ho potuto fare a meno di darmi da fare. In particolare, mi sono subito impegnato sulla questione delle prime case: c’erano gli emigrati che rientravano e compravano casa e le banche facevano prestiti anche al 22% di interessi. Noi stessi, che avevamo chiesto ventisette milioni, in dieci anni ne restituimmo sessantaquattro, un’esperienza istruttiva anche da questo punto di vista.
Nel 2001 il sindaco di allora, che era già al quarto mandato, non si era potuto ricandidare. Era una situazione un po’ anomala: c’era gente che nella sua vita non aveva mai votato nessun altro. Così mi hanno proposto di candidarmi. Avevo dato la mia disponibilità per cinque anni, invece sono ancora qui, sto completando il secondo mandato. Io credo che un sindaco buono dovrebbe governare cinque anni, non di più, soprattutto nelle piccole comunità.
In effetti la mia vocazione era quella di sindacalista. E tuttavia, se tornassi indietro, avrei dei dubbi se fare il sindacato o il sindaco. Perché oggi la parte debole della società sono i cittadini. Il lavoratore in quanto tale ha ancora dei punti di riferimento, ha un orgoglio di appartenenza, ha un contratto, dei codici... Il cittadino invece ha solo una dichiarazione, molto teorica, dei diritti, alla fine è molto debole. In questo senso il sindaco deve diventare anche sindacalista, cioè difensore dei diritti dei cittadini.
Facendo il sindaco ho scoperto quanto sia importante assumersi una responsabilità di questo tipo, appassionarsi alla cosa pubblica.
Lei si è occupato fin da subito della questione delle energie rinnovabili. In particolare non ha voluto impianti eolici a Mores. Perché?
La storia del fotovoltaico mi ha appassionato subito. Vivere in una zona temperata è il nostro patrimonio, così un paio d’anni fa l’ho messo nel mio programma.
L’eolico, invece, mi ha subito insospettito perché ha bisogno di strutture enormi.
Nel Kentucky, nel ‘59, ho camminato per una mezz’ora negli hangar dove c’era il calcolatore dell’Ibm. Ha presente oggi quanto sono grandi i computer o i telefonini? Ecco, la mia paura è che si ricopra la Sardegna di questi mastodonti di cento, centocinquanta metri e casomai tra qualche anno basterà una girandola come quelle dei bambini per procurarci l’energia.
Provate a immaginare cinque, dieci di queste torri alte cinquanta metri con pale di venticinque metri. Che poi, affinché la torre possa sopportare le sollecitazioni, bisogna scavare per cinquanta metri e usare il cemento armato.
Volevano mettere delle pale anche nella collina che si vede dalla mia finestra, mi davano centocinquantamila euro all’anno se li autorizzavo, ma ho rifiutato. Ne sono venuti diversi di imbonitori, ma ho detto di no a tutti. In Calabria stanno mettendo il fotovoltaico e l’eolico anche sui campanili, poi vai a vedere a chi conviene: a nessuno, o meglio ai soliti.
D’altra parte, se ti informi, scopri che gli impianti appartengono tutti a compagnie nazionali e internazionali. La Sardegna non ha niente. E però sono i sardi a sorbirsi questi mostri che girano e fanno "vuuum vuuum vuuum”. Nell’Altopiano di Campeda ci sono gli alberi che sono piegati in due, ma anche in Gallura. Insomma, ce l’abbiamo noi il vento, castiga noi, perché allora non deve essere una risorsa per la popolazione sarda? Fino a che le cose stanno così, Mores non avrà l’eolico. Certo, centocinquantamila euro, per una comunità come Mores, sarebbero stati una cifra importante, però io dico: "Attenzione, la prostituzione non è solo quella di una persona, ma anche quella di una comunità”. E poi anche la droga può dare un reddito e allora?
La sua idea è di investire in modo diverso sulle energie rinnovabili...
Io vorrei che i comuni, ...[continua]

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