Vorremmo tornare a parlare con te del tema "la pubblica amministrazione”, quanto mai attuale. Sappiamo che tu lo consideri uno dei problemi più gravi dell’Italia.
Prima alcuni dati per capire di cosa stiamo parlando. Normalmente la vulgata sull’amministrazione in Italia si incentra sull’eccesso di personale, la "marea di impiegati”. Cominciamo dai numeri che, per quanto sorprendente possa sembrare, non sono esorbitanti, sia in relazione al numero di abitanti che al numero di occupati: intendendo per pubblica amministrazione Stato, sistema locale ed enti pubblici, i dipendenti pubblici in Italia sono tre milioni e trecentomila, cifra in sé ovviamente imponente, ma poco meno del 15% del totale degli occupati. Su 100 occupati 15 lavorano nella pubblica amministrazione. Anche la spesa veicolata dalla pubblica amministrazione ha una dimensione molto rilevante: la spesa corrente (quanto è assorbito per il personale e per oneri) e la spesa che l’amministrazione eroga assommano a più del 50% del Pil italiano. La metà del complesso delle risorse disponibili in un anno nel paese, passa, direttamente o indirettamente, per la pubblica amministrazione, che quindi, è evidentemente una cosa importantissima. E però se facciamo riferimento ad altri paesi, sia in rapporto agli occupati che rispetto alla popolazione, l’Italia è ben allineata, direi, anzi, abbastanza morigerata: nel decennio fra il 2001 e il 2010, rispetto alla popolazione residente in Italia, la burocrazia è scesa dal 6,4% al 5,8%, mentre in Germania, che è appena un poco più virtuosa, è un po’ salita, dal 5,3 al 5,4%; ma in Francia e Inghilterra, il rapporto supera il 9%. E il rapporto fra pubblici dipendenti e occupati in Italia è sceso in questo decennio dal 16,1 al 14,4, cioè di un significativo 1,7%, mentre nel Regno Unito è a quasi un quinto, al 19,7% degli occupati, e in Francia addirittura al 22%. Ho dato questi numeri solo per dire che l’amministrazione, pur essendo molto importante per le risorse che veicola e per il personale che ci lavora, non è in sé strabordante a confronto con gli altri paesi.
Quindi possiamo dire che i tagli di spesa hanno avuto successo?
Attenzione perché, dal 2004 al 2012, malgrado tutti i tagli, in realtà la spesa per il pubblico impiego è cresciuta a fronte di una diminuzione dei dipendenti. La spiegazione sta nel fatto che è cresciuta proporzionalmente la dirigenza rispetto al resto del personale: mentre prima c’era un dirigente ogni 12 e qualcosa dipendenti, adesso c’è un dirigente ogni 11; quasi un punto di differenza. Questo è un segnale molto negativo, non solo per l’aumento di spesa, essendo la dirigenza pagata in modo significativamente maggiore del resto del personale, ma perché i dirigenti poi non è che si accontentano di essere pagati e basta, fatalmente finiscono per richiedere funzioni, e questa diventa una spinta oggettiva alla parcellizzazione, alla creazione di nuove mansioni, funzioni, apparati, ambienti, eccetera.
L’altro aspetto negativo, ahimé, è che il taglio del personale, concettualmente lineare, nelle sue implicazioni e nelle sue ricadute è stato straordinariamente differenziato, a dimostrazione del fatto che quando si usano questi strumenti su dimensioni così macro, o si è molto attenti o si è apprendisti stregoni; con le migliori intenzioni si combinano guai. Insieme con certi meccanismi normativi, i tagli lineari hanno comportato che in alcune amministrazioni, appunto, la dirigenza è aumentata, alcune amministrazioni sono andate in pari, e la scuola ha perso il 10% del personale e questo perché era quella che aveva più precari per via dei supplenti, degli insegnanti in attesa di concorso, della coabitazione, eccetera. Questi dati sono tutti ampiamente riportati in un rapporto del luglio 2013 preparato per un’iniziativa Astrid-Treccani, dal titolo "L’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, crescita e competitività del paese” a cura di Franco Bassanini (presidente della Cassa Depositi e Prestiti della Fondazione Astrid) e Roberto Garofoli (all’epoca Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel governo Letta).
I numer ...[continua]
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