Vorremmo provare a capire a che punto siamo, se almeno la discesa è finita.
Quando si innesca una fase di riduzione della produzione e dell’occupazione, prima di recuperare il livello precedente bisogna innanzitutto arrestare il ritmo della contrazione: quando si cade, solo dopo aver toccato terra o il pavimento è possibile risalire, solo allora può esserci il rimbalzo.
Per il livello dell’occupazione -che è l’oggetto della nostra maggiore attenzione- stiamo aspettando il momento in cui la variazione, su base annua, da negativa ritorni a essere positiva. Evidentemente ci dev’essere un momento in cui la variazione è zero, cioè non più negativa pur non essendo ancora positiva. A che punto siamo di questo percorso? Nei primi mesi di quest’anno avevamo registrato un certo movimento sul mercato del lavoro dipendente, con una crescita -al confronto dell’anno precedente- del flusso delle assunzioni, almeno di quelle a tempo determinato e apprendistato.
La crescita delle assunzioni non è sufficiente a determinare una variazione positiva del livello dell’occupazione perché conta anche la dinamica delle cessazioni: comunque, che ci sia una maggior vivacità della domanda di lavoro è un indicatore abbastanza sicuro di un miglioramento tendenziale delle complessive condizioni del mercato del lavoro. Il movimento delle assunzioni ci aveva fatto ipotizzare che, se proseguito con il medesimo ritmo, verso la fine dell’anno si sarebbe potuti arrivare al saldo zero, cioè a un momento in cui l’occupazione è allo stesso livello di quella del corrispondente momento dell’anno precedente.
Sia nel primo che nel secondo trimestre del 2014 abbiamo osservato svolgersi questa progressiva decelerazione del decremento occupazionale. I dati sull’occupazione dipendente nel terzo trimestre, per quanto non ancora definitivi, ci dicono che la dinamica positiva si è un po’ appannata: il traguardo del saldo zero deve essere ancora posticipato, è difficile da raggiungere anche per fine anno.
Allora, per rispondere alla domanda, si può dire che non stiamo continuando a precipitare, ma non possiamo nemmeno affermare che disponiamo di segnali consolidati e netti circa una prossima inversione di tendenza. Anche i dati nazionali Istat -quelli sull’occupazione- ci raccontano la medesima cosa: a settembre 2014 il livello è il medesimo del luglio 2013; da 16 mesi i livelli occupazionali destagionalizzati oscillano tra 22,3 e 22,5 ml., senza mai riuscire a innescare una dinamica cumulativa per alcuni mesi di fila. In sostanza, l’occupazione, a livello nazionale, risulta ristagnare. Né ci si deve meravigliare se questa stagnazione è comunque un risultato migliore di quello dei dati veneti che abbiamo appena commentato: non solo per la diversità dell’ambito territoriale considerato, ma anche perché i dati mensili sono comprensivi dell’occupazione indipendente, dell’occupazione informale e del lavoro domestico.
Stagnazione dei livelli occupazionali non vuol dire che non si muove niente: c’è sempre turnover (assunzioni e cessazioni avvengono di continuo) ma piatto è il risultato. Se un’impresa nasce e cresce e un’altra muore, e hanno lo stesso peso occupazionale, alla fine la somma algebrica tra eventi di un mondo comunque in movimento è pari a zero: ciò non è dovuto al fatto che tutti stanno fermi, ma che i movimenti di segno opposto si bilanciano e quindi si elidono.
Questo è il dato complessivo. Volendo entrare nel merito dei settori e dei contratti?
Entrando nel merito, le notazioni più rilevanti si possono fare a livello di tipologie contrattuali. Nei primi mesi di quest’anno c’è stato un recupero dell’apprendistato, probabilmente anche per ragioni di rimbalzo, perché questa tipologia aveva subìto un forte calo negli ultimi due anni, essendo oggetto di troppe e troppo ravvicinate riforme. L’altra tipologia contrattuale che ha evidenziato una notevole effervescenza è il tempo determinato, in parte rilevante a seguito delle facilitazioni previste dal decreto Poletti (estensione generalizzata dell’acausalità, aumento della possibilità di ricorrere alle proroghe). C’è stata una crescita notevolissima dei contratti a tempo determinato, non omogenea in tutte le regioni, ma forte sicuramente in Veneto. Tale incremento è dipeso anche da una fase prim ...[continua]
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