Quando, negli anni Ottanta, hai cominciato a parlare di "Teologia del risanamento” a Palermo ti rifacevi esplicitamente alla "Teologia della liberazione” sudamericana. Adesso abbiamo un papa che viene dall’Argentina: non è un esponente della "Tdl”, ma neppure un suo avversario. Come descriveresti la sua posizione a riguardo?
L’attuale papa, anche se non è stato un rappresentante e neppure un vero e proprio sostenitore della teologia della liberazione, recentemente ci ha tenuto che fosse pubblicato un volume di G. Gutierrez (fondatore della Tdl) insieme col card. Mueller, segretario della Congregazione della dottrina della fede; credo che la posizione "distaccata”, assunta dall’allora cardinale Bergoglio, fosse riconducibile anche a un atteggiamento prudenziale, data la situazione di rischio di tanti teologi vissuti sotto i regimi dittatoriali dell’America Latina. Adesso papa Francesco si può sbilanciare maggiormente non solo perché gli orientamenti "liberanti” della teologia si sono smarcati da alcune analisi, che allora sembravano un po’ troppo debitrici al marxismo, ma ancor più perché le dinamiche del capitalismo internazionale fanno emergere, in maniera ancora più insopportabile, le contraddizioni di un processo di concentrazione delle risorse economiche e finanziarie; in questo modo la ricchezza si concentra sempre più nelle mani di oligarchie di potere esponendo la maggior parte dell’umanità al bisogno, alla dipendenza, alle difficoltà della stessa sopravvivenza. Il papa, facendo tesoro delle acquisizioni del magistero sociale degli ultimi pontefici, può fare più direttamente riferimento al mondo dei poveri; anche se non rinunzia a chiamare in causa le molteplici cause di carattere economico, finanziario, politico, che determinano la catastrofe di un’umanità martoriata da guerre, conflitti, emigrazioni di massa, speculazioni di vario genere... La sua attenzione è concentrata sui poveri e i deprivati della nostra umanità. Il suo interesse principale è di richiamare l’attenzione verso di loro, non solo da parte della comunità cristiana perché rinnovi quella scelta preferenziale dei poveri, già ispirata da Giovanni XXIII e rilanciata dal Concilio, ma anche della comunità internazionale perché riveda le politiche che non riescono a governare le logiche del profitto, impotenti (se non conniventi) di fronte a ciò che il capitale impone, provocando l’attuale insopportabile situazione di "disordine mondiale”; e della società in generale perché maturi il senso di uno sviluppo non caratterizzato da disparità e diseguaglianze, piuttosto volto all’emancipazione e alla promozione di tutti.
Se si leggono i documenti degli ultimi pontefici non si può negare che i riferimenti alle fasce povere dell’umanità siano numerosi. Vedi qualche nota di novità in questo papa?
La consapevolezza che papa Francesco ha lasciato trasparire nei suoi molteplici interventi (dalle brevi omelie di Santa Marta ai discorsi ufficiali nei suoi viaggi apostolici internazionali) è accompagnata anche da quel suo stile di vita col quale ha tentato, fin dall’inizio del suo ministero petrino, di rilanciare non solo l’immagine di una chiesa "per i poveri”, ma anche e preliminarmente quella di una chiesa povera.
La sua scelta di vivere in un appartamentino, che gli consente anche di essere vicino alle persone che si muovono nello stato del Vaticano; i suoi molteplici gesti di semplicità, che lasciano intravedere la naturalezza evangelica del suo modo di esprimersi e rapportarsi con chiunque; i suoi diversi appelli rivolti alla curia romana (e ai cardinali) al superamento di ogni forma di carrierismo e di mondanità, oltre che la determinazione (sulla scia del tentativo precedente di Benedetto) di portare lo Ior alla massima trasparenza gestionale, anche in vista di un suo inserimento nella White List, sono tutte manifestazioni di quella svolta che Francesco, prima di proporla all’esterno della Chiesa, vuole praticare per primo lui stesso, cercando di c ...[continua]
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