Cesare Moreno è uno dei coordinatori di "Maestri di strada” (maestridistrada.it), Onlus di Napoli che, dopo aver lavorato per anni nei quartieri, è  entrata con progetti specifici nelle scuole "difficili” della città. Santa Parrello è ricercatrice all’Università Federico II di Napoli ed è responsabile delle attività psicologiche e di ricerca di "Maestri di strada”.

"Maestri di strada”, dopo anni all’esterno, ha portato il suo lavoro dentro le scuole. Come funziona il rapporto con gli insegnanti?
Santa. Entrare nella scuola ci ha consentito di stare vicino agli insegnanti, di essere testimoni delle difficoltà che vivono, anche entrando in grande conflitto con loro. I nostri operatori nelle scuole erano spiazzati: "Noi andiamo a offrirgli risorse materiali, umane, di solidarietà, perché ci rifiutano?”. Lavorare nella scuola per com’è diventata è stressante, a più livelli e per tutti gli insegnanti, da quelli con una buona motivazione e buone risorse personali di formazione fino agli altri, più restii o che hanno fatto scelte più strumentali. Così abbiamo cominciato a interrogarci, e abbiamo capito che avremmo dovuto anche noi informarci sulla dimensione del burnout, anche leggendo la vostra intervista a Vittorio Lodolo D’Oria sull’argomento (Una città 217/2014).
Cesare. All’inizio ci pareva normale che un soggetto che va in un altro ambiente venisse accolto con gelosia, invidia e delusione. Normali emozioni che si provano di fronte all’estraneo. Siamo andati avanti a lungo a dirci che sbagliavamo noi, che ci presentavamo male, che eravamo invasivi, ma poi abbiamo capito che c’è un’incapacità a prendere quello che di buono una situazione difficile offre. Una delle cose che colpisce di più è che se i ragazzi hanno una prestazione positiva, alcuni insegnanti non esprimono solo invidia, ma anche distruttività. Nei nostri confronti è un conto, ma quando arrivi a disconoscere o sminuire i risultati positivi dei ragazzi anche quando sono evidenti...
Come si manifesta la distruttività?
Cesare. "Bel compito, ma hai fatto gli errori di grammatica” quasi rientra nella norma.  Ma quando il ragazzo fa un compito senza errori dicono: "Tanto non dura, finirai male, verrai bocciato lo stesso”. Sono due le cose: o è sadismo allo stato puro o c’è una sofferenza che impedisce di accogliere i dati positivi anche quando si vedono.
Santa. È questa la struttura che cerchiamo di comprendere. I meccanismi di difesa fanno parte della quotidianità e delle relazioni di tutti, ma in certe situazioni si irrigidiscono. Nel tempo, confrontandoci anche a livello internazionale, abbiamo visto che gli insegnanti vivono una difficoltà generale che riguarda il rapporto adulto-giovani. Oggi c’è proprio una questione di legittimità dell’eredità che arriva dagli adulti che fa sì che l’adulto che va in classi in particolare di adolescenti debba costruirsi un rispetto per la propria funzione, a cominciare da quello che è stato definito il valore della testimonianza, dell’esempio.
Cosa si intende per "valore della testimonianza”?
Santa. Conta molto come sei e quello che fai "qui e ora”, non sei stimato in quanto mero rappresentante del mondo degli adulti.
Questo "mondo” ha dato storicamente prove di sé che danneggiano la rappresentazione che i giovani ne fanno. Su ogni insegnante grava tutto questo, ed è un primo livello che mette in grande difficoltà, che molti o non sono preparati ad affrontare, o sul quale non hanno avuto il tempo di riflettere durante la formazione.
Qual è il primo impatto del neo insegnante con la classe?
Santa. C’è un grosso scarto tra le aspettative dei giovani insegnanti e un sistema che non immaginano sia fatto proprio così. Si trovano spiazzati. Arrivano immaginando un modello di rapporto adulto-giovane che rispecchi quello del passato, e invece si trovano a dover ricostruire da zero. Alcuni non reggono. Ovviamente insieme a questo c’è una svalutazione sociale e culturale della funzione del docente molto forte. Manca una "protezione”, come la definisce Renè Kaës: ci sarebbe bisogno di garanti che sostengano alcune professioni, soprattutto nel sociale, figuriamoci poi in una professione come quella educativa, ad altissimo rischio, in cui non è prevedibile quel che accade nella relazione con l’altro. Ecco, se hai la garanzia di un mandato forte della società ti senti meno solo; oggi, invece, l’insegnante entra a scuola sapendo che è svalutato sia dalle famiglie che dalla società. Questa professione non ...[continua]

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