Avete ripercorso la storia della legge 194. Da dove partiamo?
Alessandra. Partiamo dal dato di base e cioè che la legge 194 abolisce una normativa fascista. Questa sembra una cosa scontata da dire, ma in questi mesi Paola e io ci siamo accorte che non è così scontata. La 194 abolisce il Titolo X del Codice penale del 1930, dedicato ai reati contro la procreazione, che aveva anche un’accezione di tipo razziale, tant’è che la dicitura completa era “Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe”; c’erano tanti articoli al suo interno, perché cercava, abbastanza disperatamente, di normare una sfera molto difficilmente normabile. E poi c’era tutto un corollario di norme, tra cui l’articolo che non consentiva la pubblicità dei mezzi contraccettivi; anche quello è entrato nell’Italia Repubblicana...
E qui c’è già una prima questione, quella della transizione all’Italia Repubblicana, che è appunto una repubblica, una democrazia, con una nuova costituzione piena di diritti, e però mantiene il codice penale fascista del 1930, con il suo Titolo X. Mantiene anche il Codice civile del 1942; questo significa che il diritto di famiglia era anch’esso normato da un codice riscritto, risistemato durante il fascismo e durante la guerra. A lungo assistiamo dunque a una coabitazione fra un contesto tutto nuovo che allude o concretizza nuovi diritti e i due codici fondamentali, che sono ereditati dal fascismo. Il Titolo X poi dura fino alla legge 194 del 1978, quindi ha una vita repubblicana molto lunga, così come il diritto di famiglia, che viene riformato solo nel 1975.
Questo è un dato importante da sottolineare: per un lungo periodo la Repubblica ha normato i comportamenti riproduttivi esattamente come lo faceva il fascismo. Certo, intorno nel frattempo cambiano molte cose: anche se ancora negli anni Cinquanta quel Titolo X sembrava intoccabile, poi cambiano tante cose, interviene la Corte Costituzionale e ci sono i movimenti politici e sociali.
Paola. Quando è nata l’idea del libro pensavamo che il cuore del progetto sarebbero stati gli anni Settanta e Ottanta. In realtà poi, quando ci siamo veramente cimentate nella ricerca, ci siamo accorte che sul periodo precedente non c’era praticamente niente e invece gli anni Cinquanta e Sessanta erano stati una fase estremamente avvincente. Noi infatti per quegli anni parliamo di “un presunto silenzio” perché il tema, nonostante la criminalizzazione vigente, era in realtà estremamente presente e le donne, se veniva data loro la possibilità oppure nelle loro reti, ne parlavano eccome.
Abbiamo anche voluto mettere in luce gli attori sociali che iniziano a contestare questa ingombrante eredità del fascismo; all’inizio sono per lo più uomini e piccoli gruppi, poi nel tempo il movimento cresce ed emerge l’Unione donne italiane, l’Udi con il suo giornale. Un’associazione cruciale è l’Aied, Associazione Italiana per l’Educazione Demografica. Poi ci sono alcuni partiti, il Partito socialista in particolare. Questo per dire che già prima degli anni Settanta ci sono degli scossoni, dei tentativi di far traballare il Titolo X del codice penale, dapprima contestando l’articolo 553, quello che criminalizzava la propaganda contraccettiva. Ci si rende infatti conto del grandissimo paradosso in cui si trova: l’aborto è un reato punito anche in modo molto severo e minuzioso e al tempo stesso non c’è di fatto la possibilità di fare educazione sessuale, di diffondere contraccettivi e quindi le donne incorrono continuamente in gravidanze indesiderate.
Quindi da un lato abbiamo provato a seguire i lunghi fili che uniscono i primi anni della storia repubblicana con le mobilitazioni di massa più rumorose, più visibili che irrompono appunto sulla scena pubblica nel corso degli anni Settanta. Contemporaneamente, abbiamo cercato di evidenziare invece le caratteristiche sicuramente innovative del decennio degli anni Settanta, in cui in modo estremamente veloce si sussegue un riformismo legislativo condensato in pochissimi anni ma che in realtà è stato preparato faticosamente nel periodo precedente.
La presenza del movimento femminista, da questo punto di vista, non solo fa da megafono alla rivendicazione della fine di un reato di aborto procu ...[continua]
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