Certo, il loro primo impatto con l’estraneo è quello di vedere se riescono a giocarlo, a mungerlo in un certo senso, e allora giocano sull’aspetto del poveretto che ha bisogno di questo e di quell’altro. E se uno ci casca è finito, perché sarà sempre un gagio stupido che c’è cascato, quindi tanto vale imbrogliarlo e sfruttarlo, invece bisogna sempre prendere l’atteggiamento di attesa.

Per me non è stato difficile vivere con loro. Ho scoperto che certe mie azioni urtavano la loro sensibilità o le loro regole morali, ma basta accorgersene in tempo e riparare e diventa tutto molto semplice. Io mi sono trovata sempre molto bene. Ero diventata la "maestra" che per loro è una figura importantissima , anche perché, contrariamente ad altri che sono vissuti con loro come ricercatori o studiosi, oppure religiosi che però mantenevano la loro vita a sé, ho sempre avuto un ruolo nell’accampamento: cucinare. Normalmente la vita dell’accampamento si svolge con la partenza delle donne al mattino che vanno in giro o a vendere o a fare la chiromanzia, gli uomini vanno fuori per cercare lavoro, i vecchi e i bambini restano lì. Poi le donne ritornano nel tardo pomeriggio portando il necessario per la cena. Ma per il pranzo rimanevo io e così cucinavo. Ed era anche molto dispendioso perché una cosa è cucinare per se stessi, un’altra cucinare per tutte queste persone. Facevo il gulash o la pasta, davo da mangiare ai vecchi e ai bambini e quindi sono entrata con un ruolo all’interno del gruppo. Poi la sera ero sempre invitata dall’uno e dall’altro, c’è sempre questa disponibilità, nessuno fa mai da mangiare solo per sé, c’è da mangiare per qualsiasi persona arrivi, c’è un continuo scambio. Tanti pensano ad una vita triste, invece non è così. E’ stato buffissimo una volta, vicino a Padova, sono arrivati i Carabinieri per cacciarli e poi mi hanno visto, mi hanno chiesto i documenti e hanno visto che ero assistente all’Università di Padova, mi avevano visto in televisione pochi giorni prima. Sono rimasti allibiti e se ne sono andati senza cacciarli. Ci siamo fatti tante risate, è stata proprio una festa quel giorno. Poi, certo, ci sono i momenti tragici e tristi come succede a tutti, però hanno una grande filosofia nel saper superare anche il disprezzo, contraccambiano con altrettanto disprezzo o con l’inganno: "ti prendo in giro o anche ti derubo visto che tu tieni tanto ai tuoi beni...". Ma più che altro è una gara di astuzia dal loro punto di vista, riuscire a farcela. Ti mettono alla prova diverse volte e allora bisogna prima di tutto prendere un atteggiamento di sospensione. Poi siccome io, ad esempio, sono portata ad ascoltare molto, ad un certo momento si erano persuasi addirittura che leggessi nel pensiero. Ma io ricordavo quello che avevano detto prima...

Adesso non ci vivo più perché vivere in roulotte è troppo faticoso e poi perché quasi tutti i miei amici sono morti. Vado da quelli che ancora ci sono. E’ con la convivenza, con l’esperienza che si cambia tantissimo e si imparano tante cose: per esempio, la loro saggezza, acquisita nell’allenamento a vivere, a sopravvivere in situazioni spesso difficilissime.

Ho conosciuto donne eccezionali, donne con un coraggio incredibile nel riuscire a sopportare tanto, senza perdere mai la dignità. Credo che il loro senso dell’onore sia la cosa più importante. E se vedono che questo onore gli viene reso sarete sempre amici. La Francesca. Tutti gli uomini della sua famiglia erano in carcere per un assassinio per vendetta, fatto da uno dei suoi figli verso un altro che gli aveva portato via la moglie. Il tribunale, però, aveva condannato indiscriminatamente tutti gli uomini maggiorenni a 30 anni di carcere: il marito e 4 figli. Erano rimasti due figli piccoli e le figlie, ma lei è riuscita a mantenere unita la famiglia. Dopo 20 anni sono stati rilasciati, ma per 20 anni lei ha raccolto tutti i nipoti, i figli dei carcerati, li ha allevati tutti. Era come una regina, rispettata da tutti.

Oppure la Mizzi, che andava in giro a vendere pizzi. Li comprava da un grossista in Toscana e poi andava a venderli anche nelle case dei contadini nell’Alto Adige. Una volta mi raccontò che una contadina non voleva aprirle la porta perché era una zingara allora lei le aveva detto: "va bene, io sono ladra perché sono zingara e allora tu che sei tirolese sei una dinamitarda". Questa donna ha allevato figli non suoi perché suo fratello e sua cognata sono stati uccisi dagli ustascia in ...[continua]

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