Ci dica qualcosa del suo passato professionale e politico.
Sono nato nel 1953 e non ho mai fatto politica prima di entrare nella Lega. Sono stato uno dei fondatori della sezione di Pavia, assieme a pochissimi altri, nel 1988. Ho avuto la fortuna di avere sempre avuto un ruolo abbastanza importante all’interno del movimento, in un primo tempo castellazziano; dopo l’uscita di Castellazzi dal movimento sono diventato segretario provinciale.
Lei, prima di aderire alla Lega Lombarda, in che area politica si collocava?
Non ho mai fatto politica: in un certo senso ho contribuito a creare la situazione attuale, perché probabilmente se tutti quelli come me si fossero interessati di politica, non si sarebbe arrivati a questo punto. Negli ultimi anni prima di arrivare alla Lega avevo votato una volta repubblicano e una volta addirittura la Lista per Trieste. Però diciamo che sono sempre stato nell’area democristiana, ho sempre votato DC. Io sono andato all’oratorio fino a 16-17 anni; la mia è una famiglia di chiesa, quindi non sono mai stato di sinistra, così come non sono mai stato di destra. Ho persino votato uomini a cui adesso faccio la guerra, come i democristiani Bruni o Contrini. Adesso ne sono pentito e cerco di fare di tutto per cambiare le cose. (...)
Adesso lavoro a tempo pieno, senza essere stipendiato (è una mia scelta di vita) per il movimento, fino a quando il movimento mi darà questa opportunità: non sono sposato, non ho famiglia, posso permettermelo. (...)
Lei accennava prima allo statuto verticistico della Lega; una delle clausole è la proibizione delle correnti. (...) Non le sembra una limitazione della libera dialettica democratica?
No assolutamente: il nostro è un movimento rivoluzionario, che compie una rivoluzione pacifica. Non è verticista nel senso che gli organismi dirigenziali vengono nominati dall’alto; i responsabili vengono votati dalla base, attraverso i delegati: c’è una grossa democrazia all’interno del movimento. Verticistico è il fatto che quando uno viene nominato a comandare deve comandare. Verticismo... è una parola inventata dagli altri, io non ci trovo niente di molto verticistico. (...)
Qual è l’opinione della base?
L’opinione della base è che comunque Bossi debba fare... si fidano tutti di Bossi. Qualunque cosa decida a noi sta bene. Certo c’è una parte del movimento, la parte affettiva del movimento, che vorrebbe fare la guerra da sola.
Però non c’è nessuno che dica: se si fanno le alleanze, usciamo dalla Lega. All’interno la discussione c’è, ci mancherebbe altro! E’ la parte affettiva del movimento. Quelli come me, che hanno cominciato, hanno passato le notti in mezzo alle strade a scrivere sui muri... magari non sono maturati politicamente, magari non si rendono conto che questo è un momento talmente particolare che un’eventuale alleanza con qualcuno non vuol dire lasciare perdere il nostro progetto politico del federalismo.
Adesso stiamo combattendo una battaglia, è la conquista della collina 142. Nella collina 142, nel caposaldo c’è il PDS: noi dobbiamo fare di tutto per non permettere al PDS di andare al governo, perché riteniamo che il governo comunista potrebbe rallentare il nostro obiettivo finale che è il federalismo.
Quindi lei ed altri più legati alla tradizione della Lega guarderebbero con diffidenza, se non con avversione, questa scelta delle alleanze, però prevale l’obbedienza nei confronti di Bossi.
Quella sicuramente. La massima fiducia per Bossi.
Mi dia una valutazione del leader, del personaggio, dell’uomo Bossi.
Secondo me Bossi è... Bossi, ecco. Io sono uno di quelli che se Bossi mi dicesse “vai a buttarti nel Ticino” andrei a buttarmi. Sono nato politicamente nel 1988, è stata la prima persona che ho conosciuto: è un uomo di grandissima umiltà, andava ad attaccare i manifesti anche da senatore, a fare le scritte sui muri. E’ ancora un uomo umilissimo, con una grandissima capacità politica. Ricordo nel 1988 in pizzeria, mentre mangiavamo, ci spiegava esattamente, con una lucidità esacerbata, quello che poteva succedere nel 1995. Già nell’88 avevamo detto che nel 95 ci sarebbe stato l’atto finale di questa nostra guerra. Non si poteva prevedere tangentopoli, non si potevano prevedere tante cose, ma le tap ...[continua]
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