Gianfranco Brunelli è caporedattore de Il Regno.

Perché il Papa voleva tanto andare a Sarajevo e cosa significa il fallimento del viaggio?
Il Papa voleva questo viaggio in maniera fermissima, non solo perché fin dall’inizio del suo pontificato ha inteso il viaggio apostolico come una modalità di esercizio a livello propriamente istituzionale del ministero petrino, ma perché l’esercizio di quel ministero, recandosi a Sarajevo, avrebbe conferito evidenza al tema dei diritti umani. Nella tradizione del pensiero cattolico e del magistero pontificio il tema dei diritti umani è costante, il tono che questo Papa conferisce al tema dei diritti umani, è più insistentemente escatologico, richiama alla dimensione ultima del rapporto tra il mondo e Dio, con un’assunzione drammatica delle vicende della storia. Nella sua visione del mondo Sarajevo dice l’urgenza di questo tempo, un tempo che si è fatto breve rispetto all’esigenza di riconoscere il rispetto della dignità dell’uomo.
L’assunzione della difesa dell’uomo nelle situazioni drammatiche di schiavitù, di povertà, di miseria, non è fatta solo ex parte hominis, ma anche dalla parte di Dio. Non si può affermare la dignità dell’uomo senza il coinvolgimento di Dio, senza invocare la somiglianza che l’uomo ha con Dio.
Non a caso nel discorso che avrebbe dovuto tenere a Sarajevo e che ha letto a Castelgandolfo, il Papa ha usato lo schema del Padre Nostro, rileggendo e commentando l’invocazione del Padre Nostro alla luce degli avvenimenti drammatici della guerra nella ex-Jugoslavia. Ha recitato una sorta di Padre Nostro su Sarajevo.
Sappiamo che il Padre Nostro è una preghiera completa, una definizione teologica compiuta del mistero di Dio ed è la preghiera che il Figlio di Dio affida agli uomini affinché chiamino il Padre -Abba- (babbo) e affermino la reciproca vicinanza di Dio e dell’uomo. «Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà». Si tratta di una preghiera che sottopone in forma di richiesta, di invocazione il centro stesso della lode diretta verso la perfetta santità, la regalità e l’onnipotenza di Dio. Volgere la lode in forma di Domanda. Se non fosse stato il Figlio a consegnarci questa preghiera, noi non avremmo mai potuto pronunciarla. E’ la preghiera che con maggior forza s’incunea nella vita di Dio. Ma essa s’incunea nella vita stessa del Figlio, se pensiamo ai contesti in cui Gesù ha invocato il Padre: quello dell’Orto degli ulivi, quello dell’invocazione dello Spirito, quello dell’imitazione del Padre misericordioso. Tutti e tre questi contesti vengono richiamati dal papa. Nell’Orto e a Sarajevo si grida Padre! Sulla montagna e a Sarajevo si chiede l’amore per i nemici, si chiede misericordia.
Questi temi sono svolti in modo che abbiano una valenza di natura storica, per certi aspetti politica. Nel “tua volontà è la pace”, dice il papa. Il tema della preghiera assume una capacità pratico-operativa, arrivando a dichiarare, coi cristiani che la ripetono con lui, l’esigenza e il primato della pace.
Il che, naturalmente, assume un significato politico preciso: viene negato il primato della nazione perché esiste un primato degli uomini come tali nella loro figliolanza a Dio. E a Zagabria, qualche giorno dopo, il Papa dirà che non è possibile al cristiano recitare la parola del Padre Nostro, dichiararsi figli di Dio, se i figli, tra loro, si combattono. A noi che siamo qui può sembrare solo una predica, per il cattolico croato che spara questo assume il tono di un giudizio severo sul suo comportamento, di un forte richiamo a un mutamento radicale del proprio comportamento.
E così anche il tema dell’imitazione di Dio misericordioso, viene svolto sotto forma di “perdonate e chiedete perdono”. E’ un appello che ha un significato politico di condanna degli atteggiamenti nazionalistici, spesso supposti o spacciati per tradizionali della cultura secolare croata, in un contesto in cui la cultura nazionalistica è stata strumentalmente riscoperta dalle vecchie nomenclature excomuniste per restare al potere. Il papa invece vuol ricollegarsi alle memorie più ampie e antiche di questi popoli, perché lì ci sono città e luoghi di grande e antica tolleranza religiosa e culturale. Sarajevo è stata per anni e per decenni un esempio di coabitazione fra musulmani, ebrei e cristiani.
La tragedia di Sarajevo segna il fallimento dell’Europa che questo papa aveva sognato? E un fallimento gravido di conseguenze?
A Sarajevo sta ...[continua]

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