Può raccontare la sua esperienza, questa vicenda del brevetto, come è nata? Quando se ne è accorto, in che occasione è venuto a saperlo?
Io mi sono ammalato di una malattia grave, una forma di leucemia. In quel periodo vivevo in Alaska e lì mi hanno fatto la diagnosi; sono andato poi a consultare un altro medico per una seconda diagnosi, un medico dell’Ucla, centro medico della California, il dr. Golde. Lui confermò la diagnosi originaria e l’unica possibilità di trattamento era di asportare la mia milza che si era fortemente ingrossata.
Per sette anni sono stato sotto la sua assistenza, e in questi sette anni ho preso sempre l’aereo per andare da Seattle, nello stato di Washington, dove vivo, a Los Angeles per farmi visitare da lui. La mia ultima visita fu nel settembre dell’83 e lì mi nacque un sospetto perché mi diede un modulo che non avevo mai visto prima; era un grande modulo, con molti paragrafi e clausole, e in un piccolo paragrafo in fondo era scritto «fate un cerchio intorno alla risposta giusta e rispondete: “accetto” o “non accetto” di rinunciare ai miei diritti sulle linee cellulari e sugli usi derivati dal mio corpo». E io ho messo il cerchietto intorno a “non accetto”.
Il medico lì per lì non vide neanche cosa avevo segnato, chiamò immediatamente la mia famiglia, i miei genitori con cui allora abitavo, e mi disse che avevo commesso un errore nella compilazione del modulo e quindi mi chiese di tornare, di compilarlo un’altra volta e di firmarlo. Io gli dissi che non potevo perché dovevo tornare a Seattle la mattina successiva e allora mi mandò per posta un’altra copia del modulo con una nota che diceva “lì è sbagliato, devi mettere il cerchietto sotto la voce accetto”; io non ho firmato questa rinuncia e non l’ho rispedita.
Tre settimane dopo ho ricevuto una lettera piuttosto incazzata da parte sua in cui mi domandava perché dovevo fare tutte queste difficoltà. Io non ho reagito e non ho avuto più nessun contatto con quel medico. Circa due mesi dopo, ho preso contatto con un legale di Los Angeles che ha cercato di studiarsi la pratica e di capire cosa stava succedendo. Nell’aprile dell’84 ho ricevuto una telefonata dal mio avvocato che mi disse che il dr. Golde e l’Università della California rivendicavano ora un diritto al brevetto.
Si pretendevano inventori di ciò che in realtà rende ogni essere umano unico ed irripetibile, cioè del codice genetico, quindi inventori di un qualcosa che era nel mio codice genetico. Io non sapevo assolutamente nulla di questo ed ero totalmente shockato.
E lei come ha reagito?
Nel settembre dell’84 abbiamo iniziato una causa contro il medico, contro l’Università della California, l’Istituto di genetica di Boston nel Massachussetts e la ditta farmaceutica Sandoz, svizzera, che aveva avuto la licenza di concessione.
In California abbiamo tre livelli di giurisdizione, ma il Tribunale di prima istanza e poi il Giudice Superiore non si occuparono del caso perché non c’erano precedenti giuridici negli Stati Uniti, né nella legge né nella giurisdizione, così ci siamo rivolti alla Corte di appello dello Stato di California che ha deciso, con una sentenza molto chiara e forte, in mio favore in quanto paziente e proprietario della linea cellulare. Ma i difensori dei medici e della Sandoz si sono a questo punto appellati alla Corte Suprema dello Stato di California, la quale decise che una volta che un medico abbia rimosso del materiale da un paziente e lo usi per qualunque scopo gli sembri utile a quel punto ne diventa il proprietario: non è più proprietà del paziente. Senza preoccuparsi se il paziente dia o meno il consenso e senza badare ad eventuali obiezioni di tipo etico, religioso, morale o di qualunque altra ispirazione.
Ora, la Corte Suprema dello stato di California è un’istituzione politica eletta dai cittadini della California, e di fatto anche sostenuta dal mondo degli affari della California: sicuramente hanno dovuto fare il duro lavoro di inventare giustificazioni a sostegno di questo diritto proprietario del brevetto, il diritto proprietario tolto al paziente e messo nelle mani o dei dottori o dell’industria bio-tecnologica.
La questione chiave è che una volta che si chiede un brevetto ci dovrebbe essere dietro una reale invenzione, non una scoperta: c’è differenza tra invenzione e scoperta. Nel mio caso quel che il dottore fece era semmai una scoperta, ha avuto la fortuna che io sia entrato dalla sua porta.
A dire il vero, han ...[continua]

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