Buona sera, signore e signori,
sono veramente onorato di essere qui per ricevere questo attestato veramente inestimabile.
Questo non è un premio per me e tuttavia io ne sono anche più orgoglioso.
Sono infatti enormemente lieto di ricevere questo premio a nome di due persone, Ding Zilin e Jiang Peikun, che rappresentano le voci più rispettate e potenti a favore dei diritti umani in Cina, un paese che come sappiamo conta 1,2 bilioni di persone.
Sono particolarmente onorato che il luogo in cui questo premio viene assegnato è qui in Italia, a Bolzano. E’ dall’altra parte del globo rispetto alla Cina. Eppure io qui in questo momento non mi sento così lontano da quanto sta accadendo in Cina, alla popolazione cinese e a queste due persone, la signora Ding Zilin e suo marito, Jiang Peikun.
Oggi pomeriggio, tornato in albergo ho tentato di fare una telefonata a Ding Zilin. A volte la linea funziona, nonostante il monitoraggio della polizia, ma oggi, come molte altre volte, non è stato possibile; l’operatore non mi ha passato la linea per cui non ho potuto parlarle direttamente prima di venire qui a ricevere il premio.
Ad ogni modo, lei sa che io sono qui e sa che in questo momento sto parlando a nome suo, del marito e di tutte le persone che lavorano all’interno dei movimenti cinesi per i diritti umani.
Quando guardo fuori dalla finestra dell’hotel le belle montagne, la bella città non posso evitare di pensare che dall’altro capo della linea dell’orizzonte c’è Ding Zilin, Jiang Peikun, la mia gente, il mio paese, che sono tuttora sotto una dittatura, sotto la repressione del regime politico. Non posso non ricordare tutta la gente innocente che là viene uccisa, le loro madri, i loro padri, o i mariti, le mogli che non possono nemmeno piangere pubblicamente i propri cari. Che non possono nemmeno raccontare la verità.
Io sono profondamente onorato di essere qui per queste due persone, perché, come la nostra amica ruandese ha appena detto, non si tratta solo di una madre che cerca di dar sfogo alla propria sofferenza.
Ciò che Ding Zilin ha fatto negli ultimi 10 anni infatti è stato fatto per la Cina, per i cinesi, per fondare un principio di giustizia nella società cinese e nel mondo intero. Perché queste atrocità non accadano più in Cina come in qualsiasi altro luogo del mondo.
Lasciatemi citare le parole usate dalla stessa Ding Zilin 5 anni fa, quando venne pubblicata la sua prima lista delle vittime documentate. In quell’occasione scrisse un articolo per spiegare le ragioni per cui aveva fatto tutto questo.
“Non sono una madre particolarmente forte. Dopo che mio figlio è morto, mi sono chiesta tante volte, in bilico tra la vita e la morte, se la mia vita fosse ancora degna di essere vissuta. Fino a che è arrivato il momento, in cui mi è stato chiaro che mio figlio è morto per il futuro della Cina. La sola ragione per cui continuerò a vivere è il futuro della Cina. Ed è per questo che ho cominciato ad andare, porta per porta, per ricostruire e documentare la verità, nonostante la terribile persecuzione politica, le vessazioni, e per numerose volte la detenzione”.
Vi racconto un’altra storia. La polizia le sta sempre dietro, dovunque vada quando esce di casa. E negli ultimi 6 mesi lei ha vissuto agli arresti domiciliari: non poteva uscire dal campus in cui viveva. Qualora fosse uscita aveva già ricevuto un avviso molto chiaro sul fatto che sarebbe stata arrestata, perché il governo cinese vuole isolarla dall’intera popolazione cinese. Non vogliono che nessuno ascolti la sua voce, la voce della verità. Un giorno lei si rivolse al poliziotto, un ragazzo giovane, che la stava seguendo a meno di un metro di distanza, con un atteggiamento intimidatorio, teso a garantire che nessuno potesse rivolgerle la parola; lei lo guardò e gli chiese: “Perché mi segui?”, lui disse: “Cerco di proteggerla”, “Perché devi proteggermi?”, lui rispose: “Beh, lei è una traditrice del paese, molta gente la odia. Ecco, non voglio che qualcuno la ferisca, per questo la proteggo”. Ding Zilin commentò: “E’ una minaccia?” e lui: “Dia pure l’interpretazione che crede”.
E’ questo l’ambiente in cui Ding Zilin vive quotidianamente allo stato attuale.
E io non posso evitare di sentirmi partecipe di ciò che sta accadendo in questo stesso momento in un altro luogo nel mondo, in Cina.
Appena il mese scorso, più di un centinaio di famiglie delle vittime, organizzate da lei, hanno perduto una petizione legale contro il governo cinese, ...[continua]

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