... per quanto riguarda la storia italiana, e le persecuzioni antiebraiche in particolare, penso che sia passata, e solo negli ultimi anni vedo comparire un’interpretazione diversa, l’idea che gli italiani siano della brava gente. Gli italiani si sono autoassolti per tutto quello che è successo durante la guerra, tant’è vero che, per esempio, in un sondaggio di poco tempo fa, la maggioranza dei ragazzi adolescenti intervistati, ad una domanda, hanno risposto che “l’Italia ha combattuto la seconda guerra mondiale a fianco degli alleati, con gli inglesi, con gli americani, contro i nazisti”. Per quanto poi riguarda il problema delle leggi razziali, non solo per moltissimo tempo è stato tutto tenuto in silenzio, ma ci sono alcune cose che ancora adesso sono dette come curiosità, ma sulle quali non si riflette abbastanza. Per esempio, una tra le tante sulle quali vorrei  attirare l’attenzione: il regime fascista cade in Italia il 25 luglio del 1943 e alla testa del governo italiano va il generale Badoglio, il quale non ritira le leggi razziali approvate nel 1938. Le leggi razziali restano in vigore fino al febbraio del 1944, e non solo, perché nel febbraio del 1944 ne viene abrogata solo una parte, molto cospicua, ma tutta un’altra serie di circolari -perché c’era tutto un corpus di leggi e circolari amministrative- perdura ancora fino a dopo la guerra. Questa è una cosa su cui nessuno storico, tranne negli ultimi anni, aveva prestato una notevole attenzione. Noi italiani ci siamo autoassolti, le deportazioni sono state colpa dei tedeschi che occuparono il paese italiano e, se proprio si vuole andare un attimino più in là, sono state colpa di Salò e dei più fanatici di Salò: questa è la storia che viene raccontata. Spero, mi auguro che il numero più alto possibile di persone tenga presente, possibilmente lo tenga in casa, il libro di Liliana Picciotto Fargion, questa specie di elenco del telefono di tutti i deportati italiani e a fianco dei quali c’è scritto dove sono stati catturati e da chi sono stati catturati. Lì si misura la partecipazione italiana alla deportazione e non è stata assolutamente piccola.
Io mi sono occupato, negli ultimi tempi, della vicenda di una persona, rimasta sconosciuta, ma che ha fatto delle cose eccezionali. La  racconto in trenta secondi perché credo sia diventata conosciuta grazie alla televisione. Si tratta di un signore italiano, fascista, di Padova, che aveva combattuto prima in Etiopia e poi in Spagna con Franco, il quale nel 1938 si era abbastanza disincantato del fascismo, non aveva amato e apprezzato le leggi razziali. Questo signore nel 1943 faceva il suo mestiere di commerciante di bestiame a Budapest, e sorpreso là dall’8 settembre, si schierò con il re e con Badoglio contro Salò. Poi, benché nessuno glielo facesse fare, benché il suo problema fosse soltanto quello di tornare a casa al più presto, benché fosse un uomo isolato, si trovò, in base ad una serie di circostanze che non vi sto a raccontare, ma comunque abbastanza fortuite, nella possibilità di farsi passare per console di Spagna in Ungheria. Ed essendo la Spagna in quel tempo neutrale, come console di Spagna, il commerciante di bestiame padovano che parlava bene lo spagnolo trattò con i nazisti ungheresi, difese gli ebrei che la Spagna aveva in protezione come paese neutrale e riuscì a salvarne 5200. Non chiese niente, non ottenne una lira, anzi, quando poi entrò l’armata rossa a Budapest, ebbe dei guai in quanto italiano fascista, in quanto spagnolo, e, per poter ritornare in Italia, dovette procurarsi tutta una serie di attestati che riconoscessero che era una persona per bene, che aveva fatto del bene . Quando ritornò in Italia cominciò a raccontare questa storia, questa esperienza assolutamente straordinaria che aveva vissuto e notò che le persone a cui la raccontava, a cui la consegnava anche sotto forma di memoriale scritto, facevano finta di credergli, ma in realtà non gli credevano. Ed anche la moglie, a cui la raccontava in casa, un giorno gli disse che non gli credeva. E dopo un po’, passando gli anni, mi ha raccontato che lui stesso cominciava a non crederci più. Quando si trovava in questa situazione, dice che si metteva a passeggiare nel parco davanti a casa sua e cominciava mentalmente a ripercorrere tutte le date: “L’8 settembre del ’43. Ero effettivamente a Budapest quel giorno, quando un cameriere del ristorante mi diede la notizia dell’armistizio? Sì. Dopo è successo che mi hanno i ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!