Un cambiamento più profondo
Ma i cambiamenti in atto sono più profondi di quello che questi dati già rivelano, che pure è tanto. In base ai dati, tra i matrimoni celebrati nel 1972, la gran parte ha resistito bene alle tensioni interne che poi sfociano in una separazione. Dopo 37 anni di matrimonio, infatti, ancora quasi il 90% delle coppie non si era separato: nella tabella di riferimento è la linea nera più alta di tutte. Man mano che le linee si abbassano, però, diminuisce la quota di matrimoni che resiste all’usura del tempo. Inoltre questa minor resistenza è progressiva: tra gli sposati nel 2000, dopo 10 anni, la quota che rimane insieme (88% circa) è più bassa di quella che restava insieme dopo 37 anni, tra gli sposati del 1972!
Le coppie più recenti, che si sciolgono di più, si sono anche formate più tardi. L’età media al matrimonio è, infatti, in crescita: a sposarsi per la prima volta sono ormai, in media, sposi di 33 anni e spose di 30 -circa sei anni in più rispetto al 1975. Il tasso di primo-nuzialità femminile è pari appena al 54.5%: questo significa che, se le tendenze recenti non cambieranno, solo poco più della metà delle donne si sposerà, mentre le altre resteranno nubili per tutta la vita. Il nubilato definitivo, che è stato storicamente vicino al 10% nel nostro paese, si avvicinerebbe così al 50%!
Separazioni e divorzi non sono quindi dovuti alle "incoscienze di gioventù”, come suggerisce anche l'elevata età media alla separazione, che è di circa 45 anni per i mariti e 41 per le mogli (che sale, rispettivamente, a 47 anni per lui e a 43 per lei in caso di divorzio).
Questa età relativamente elevata, e in crescita, si deve a due fattori concomitanti: ci si sposa sempre più tardi, come già si è visto, e la durata media del matrimonio al momento della rottura (o meglio: dell'iscrizione a ruolo del procedimento) è tutto sommato elevata, pari a 15 anni per le separazioni e a 18 anni per i divorzi. Insomma, prima di sciogliere un’unione, di norma, ci si pensa un bel po’.
Normalmente, i coniugi arrivano al fatidico passo dopo aver già preso, privatamente, le decisioni più importanti su come procedere allo scioglimento: l’85% delle separazioni e il 72% dei divorzi avviene, infatti, per via consensuale. Il che, quando è possibile, costituisce un bel vantaggio per gli ex-coniugi: si riducono drasticamente i tempi (per la separazione, ad esempio, si parla di circa cinque mesi se il procedimento è consensuale, ma di due anni e mezzo se invece è giudiziale) e i costi della rottura (sui quali, invece, a quanto mi risulta, non ci sono dati affidabili).
Su 100 coppie che arrivano alla separazione, 66 hanno figli, e, tra queste, 49 hanno figli minorenni, che devono quindi essere affidati a uno dei due coniugi, o a entrambi.
Raro in passato, ma adesso quasi imposto dalla legge 54/2006, l’affido condiviso è di gran lunga maggioritario già dal 2007: al 2009, per l’86% dei casi di affido dei figli minori si è deciso per la condivisione.
Un matrimonio sempre meno tradizionale
Il numero dei matrimoni cala, come si è detto, ma diminuiscono soprattutto i matrimoni più "tradizionali”, e cioè le prime nozze tra sposi entrambi di cittadinanza italiana, che sono state nel 2009 circa 175 mila. Vi è infatti ormai una quota notevole di seconde nozze (oltre 30 mila) e di nozze in cui almeno uno dei due sposi è straniero (oltre 30 mila), di cui circa 10 mila con sposi entrambi stranieri, e le restanti 20 mila con uno sposo o una sposa di nazionalità italiana.
Per la verità, nel 2009, e in controtendenza rispetto agli anni precedenti ...[continua]
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