vi scrivo nuovamente dal sud ovest del Marocco, dove accompagno un gruppo di Viaggi Solidali in quest’autunno di piogge torrenziali. Più a sud, oltre la triste frontiera con l’Algeria, le stesse hanno portato devastazione nei campi saharawi, inducendo alla disperazione i profughi ormai stanziali del Sahara Occidentale. Tra i giovani, soprattutto fra i nati nei campi dopo il 1991, all’inizio delle mai concluse trattative per la di pace, serpeggia tanta rabbia.
I primi di novembre abbiamo ripercorso la strada che costeggia le falesie sull’oceano, passando per Al Watia, dove aprono sempre più alberghi e, anche in periodo di crisi del turismo, arrivano i camper dei pensionati nordeuropei alla ricerca del caldo. Attraversata Tan Tan, ex presidio militare ormai diventata una cittadina di medie dimensioni, con il suo tribunale, le scuole superiori, tra cui l’elegante istituto alberghiero, abbiamo raggiunto Guelmim, la cosiddetta Porta del deserto, dove ancora si svolge ogni sabato un vivace mercato (anche di bestiame e ancora vi si vendono i dromedari). Lungo tutto il percorso abbiamo incontrato interminabili carovane di mezzi militari con ogni genere di camionette e pullman pieni zeppi di soldati (la leva qui è volontaria, ma l’esercito è occasione di lavoro, per quanto mal pagato, per tanti giovani marocchini), file infinite di gendarmi, jeep della polizia e addirittura camion con moderni gommoni; una vera parata militare che stava dirigendosi diligentemente e pure con una certa frenesia ed eccitazione verso Layoune. Qui il 6 novembre, alla presenza di re Mohammed VI, si svolgono i festeggiamenti in pompa magna per il quarantesimo anniversario di Al Massira, la Marcia Verde. Le bandiere sventolano da tutte le case e lungo le vie principali di ogni città marocchina, murales coprono vaste metrature di pareti esterne con scene della marcia gloriosa, e striscioni affermano la fedeltà al re; un nazionalismo spinto dall’esigenza di dimostrare che il Sahara Occidentale non ha diritto all’indipendenza, che è già marocchino e sempre lo resterà.
Si tratta di uno dei tabù politici che crea qualche grattacapo al sovrano marocchino nelle relazioni internazionali, ultimamente persino con la quieta Svezia, tanto che potrebbe persino esser la causa del ritardo nell’inaugurazione del primo centro commerciale Ikea a Casablanca...
La politica nel sud pre-sahariano del Marocco è sempre stata molto lenta a recepire i cambiamenti. Forse per la condizione di frontiera di guerra, compreso il recente conflitto con il Polisario, o perché la gente è genuina e si fa abbindolare facilmente, tanto che gli amministratori locali hanno potuto dominare per decenni, fare affari indisturbati e arricchirsi, mentre la popolazione, che con dignità abita questo bellissimo deserto di montagne e oasi nascoste, si impoveriva.
A settembre però ci sono state le elezioni amministrative e per la prima volta tanti comuni e province del sud hanno cambiato colore, portando rinnovata fiducia nella politica. A Tata, la città più calda del Marocco, un piacevole centro amministrativo sperduto nel sud, l’amico Lahocine, forte del risultato elettorale in città e provincia, ha potuto rompere gli equilibri stagnanti delle relazioni sociali: l’associazione del suo villaggio si è sciolta perché il presidente, già vicesindaco di Tata, avrebbe approfittato della sua posizione per promettere l’impossibile ai soci, in cambio di voti. Il presidente-vicesindaco ha così assaporato, dopo dodici anni di governo indisturbato, la sconfitta. A Tata ha vinto una coalizione di islamisti e nazionalisti. Qui però contano le persone e la volontà di ridurre le ruberie e il malcostume dei governanti.
Era capitato persino a me di ricevere un’involontaria confessione di reato da parte del sindaco di una cittadina della zona: "Essendo venuto a conoscenza, per la mia posizione al governo, del progetto di asfaltare quella pista tra le montagne, comprai subito tutte le terre circostanti, che avrebbero ben presto visto aumentare enormemente il loro valore”, s’era vantato con me.
Quella classe politica, almeno nella provincia di Tata, ha perso. Si parla di riduzione delle spese della politica, di maggiore attenzione al sociale e nasce dunque nuova speranza. Si vedrà se sarà sufficiente a dare qualche prospettiva in più, dato che di sviluppo umano, di associazionismo e cooperativismo da queste parti si parla già da molti anni, senza grandi risultati concre ...[continua]
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