Il consumatore ritorna a essere produttore.
L’idea prende rapidamente piede in molti Paesi: in Giappone, il Teikei (partenariato) coinvolge già numerosi nuclei familiari; negli Stati Uniti, la Csa (Community-supported agriculture, agricoltura sostenuta dalla comunità) è già da tempo realtà; in Francia, l’idea si diffonde con il nome di Association pour le maintien de l’agriculture paysanne (Amap, associazione per il mantenimento dell’agricoltura rurale); in Germania, la Solidarische Landwirtschaft (agricoltura civica o solidale) si diffonde a macchia d’olio, cosicché oggi la rete organizzativa dei diversi nuclei d’agricoltura civica presenti sul territorio conta almeno ottantotto gruppi, anche se pare che solo una quindicina di essi riesca ad autofinanziarsi completamente; in Italia questo tipo di agricoltura è in parte collegato all’esperienza dei Gas (Gruppi di Acquisto Solidale) e il portale Aicare (Agenzia Italiana per la Campagna e l’Agricoltura Responsabile e Etica) riporta una mappa delle molteplici attività che la riguardano.
A Mannheim, nella primavera-estate del 2012, su iniziativa di Cinzia Fenoglio, si è costituito un primo gruppo di persone interessate a occuparsi di agricoltura civica in questa città.
Cinzia, avendo già un’esperianza pluriennale con un’organizzazione di agricoltura civica nella Renania-Palatinato, era desiderosa di propagare l’idea solidale dell’agricoltura laddove questa mancasse ancora. Nei primi incontri eravamo una decina, forse anche meno, e naturalmente agivamo su base teorica, in quanto non avevamo nessun(a) agricoltrice/agricoltore con la/il quale cooperare.
L’interesse era altissimo e l’efficacia del passaparola ha fatto sì che nell’estate del 2013 abbiamo stabilito un contatto con un agricoltore della zona disposto a intraprendere un percorso comune.
Il 13 marzo 2014 una ventina di soci ha fondato l’associazione Solidarische Landwirtschaft Mannheim-Ludwigshafen, che da allora in poi ha cercato di mettere in pratica nel migliore dei modi i princìpi dell’agricoltura civica, civile o solidale, che dir si voglia.
Oggi, una novantina di soci e un nuovo agricoltore decidono quotidianamente le sorti dei terreni, la cui certificazione è rigorosamente biologica (Bioland).
Il meccanismo è semplice: per coltivare ortaggi e alberi da frutto occorre annualmente una certa quantità di risorse (economiche e forza lavoro), che viene valutata entro la fine di un anno per l’anno successivo; si calcola così una quota di socio indicativa (i soci possono decidere liberamente di versare anche di più o di meno); chi è disposto a prestare altre forme di supporto, oltre a quella economica, si assume uno o più incarichi e in tal modo si formano dei gruppi di lavoro: volontari nei terreni, per gestire le finanze, i depositi nei quali avvengono le consegne (settimanali) di frutta e verdura, per creare e aggiornare il sito internet dell’associazione, per organizzare le riunioni, gli eventi, e chi più ne ha più ne metta.
In questo modo, chiunque faccia parte della comunità influisce direttamente sul progetto.
La difficoltà maggiore (lo è stato anche per me all’inizio) è comprendere che non stai sottoscrivendo un abbonamento settimanale alla cassetta di prodotti alimentari provenienti dalle parti più disparate del mondo, bensì che stai investendo nell’utilizzo che si fa dei terreni che tu coltivi: non si paga per la verdura, ma s’investe nell’agricoltura.
Chi volesse approfondire le informazioni sulla Solidarische Landwirtschaft può visitare il sito della nostra associazione di Mannheim-Ludwigshafen (www.solawi-malu.de) oppure andare sul sito della rete per la Germania (www.solidarische-landwirtschaft.org).
In Italia le esperienze di agricoltura civica sono raccolte da Aicare (www.aicare.it), "un network di tecnici e ricercatori attivi, motivati e con competenze nei settori dello sviluppo rurale, dell’agricoltura, dell’educazione/formazione e del welfare. Utilizzano metodi innovativi e s ...[continua]
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