Come è ben noto la quistione -come scriveva Gramsci- meridionale è uno dei principali problemi che attanaglia il nostro paese sul piano economico, politico, sociale, civile, culturale se non antropologico, almeno dall’unità fino a oggi. Ascoltando notizie e racconti che mi giungevano da fonti diverse, mi è parso che Napoli fosse e sia in pieno fermento, una realtà assai più ricca e ben diversa dalla rappresentazione che se ne dà in termini di pura e semplice camorra e/o violenza criminale, fino alle cosiddette baby gang. Inoltre, nel panorama melmoso e stantio della politica nazionale, quale emerge in questa campagna elettorale, il fatto che Je so’ pazzo, centro sociale napoletano cosidetto, lanciasse una lista nazionale titolata Potere al Popolo ha risvegliato la mia curiosità e voglia di andare a vedere in loco. Nel mentre leggevo i libri di Maurizio De Giovanni, restandone incantato, per le storie e per la città. Così, accompagnato da una guida locale, Amalia Tiano de Vivo, sono sbarcato a Napoli per cercare di capire qualcosa attraverso due finestre: una culturale, colloquiando con De Giovanni, l’altra, quella dell’impegno politico sociale, passando un qualche tempo a Je so’ pazzo, alle sue iniziative, coi suoi militanti e con le persone che lo frequentano. Da questo viaggio nascono i due reportage che seguono.

Sono maoisti i giovani di Je so’ pazzo? Oppure cristiani magari senza Dio? Magari che praticano la Caritas cammuffati da comunisti/e? O ancora persone alla ricerca di un seggio in Parlamento, visto che gli altri lavori sono grami a Napoli? E altro ancora si potrebbe ipotizzare per gli abitanti di questo strano animale che è Je so’ pazzo.
"Noi siamo una casa del popolo. Je so’ pazzo è una casa del popolo”. Così m’accolgono al presidio di protesta davanti alla Rai napoletana. Un giornalista del Tg locale scende in mezzo a loro travestiti da fantasmi spiegando che mai e poi mai si sognò di oscurare la loro lista, solo che, ecc... Insomma, incomprensioni e mancate comunicazioni. Un po’ si ride, un po’ si contesta, ma senza alcuna cattiveria.
La dizione "casa del popolo” viene in seguito alla mia domanda: cosa vi distingue dagli altri centri sociali, per esempio il Leoncavallo? Ridono, sono piuttosto allegri questi/e militanti; le donne, dalle ragazze alle mamme, sono parecchie. Mentre la protesta alla Rai prosegue, parlo con alcuni studenti universitari che declinano il potere al popolo in potere studentesco, incerti se lo hanno già sentito da qualche parte.
(Nel 68, a Trento, poi ovunque ci fosse un’università, Potere Studentesco diventò una parola d’ordine che un po’ scimmiottava il Potere Nero, e un po’ nasceva da esigenze reali, ma il 68 per loro appartiene a un’altra era geologica). Quindi snocciolano alcuni obiettivi tra cui il sempiterno diritto allo studio e accesso all’università per tutti, ammettendo che per ora le masse degli studenti non si mobilitano, "oggi è difficile anche solo parlare di politica, rischi che non t’ascolti nessuno”.
Comunque hanno fondato il Cau (Collettivo Autorganizzato Universitario) e hanno alle spalle Je so’ pazzo, la loro casa del popolo di cui vanno molto orgogliosi. Ma cos’è una casa del popolo a Napoli nel 2018? Che fa? E perché hanno costituito una lista elettorale? Intanto scopro il poderoso, eroico pulmino di Je so’ pazzo, attrezzato con un paio di sedie instabili per i passeggeri che, altrimenti, stanno accovacciati sul cassone.
Tuttavia, avendo un occhio di riguardo per la mia età, un compagno -il modo con cui si chiamano l’un l’altro- mi offre un passaggio a bordo della sua macchina. Lavora in banca, ha una figlia, è in attesa di un bimbo e si è candidato. Arriviamo all’ex Opg, ospedale psichiatrico giudiziario, occupato, la famosa casa del popolo, come sta scritto all’entrata. è un grande spazio senza riscaldamento secondo la migliore tradizione dell’estrema sinistra d’antan, però ben tenuto, fino ai cessi di inusitato candore, con indicazioni in tripla lingua, italiano, francese, inglese del tipo: secondo chiostro, terzo chiostro, sportello medico popolare, parete di arrampicata, scuola italiano per migranti, raccolta di indumenti, aula studio, biblioteca popolare, bagno/toilette. Le attività che si svolgono sono una quarantina, dalla palestra all’ambulatorio, dalla scuola di ballo allo sportello migranti, dalla cucina popolare alla camera del lavoro, dal teatro al doposcuola, il tu ...[continua]

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