È una storia vera, ma sembra un film e potrebbe essere intitolato "La guerra lampo contro i fratelli Marx”. Cinquantaquattro anni or sono, per l’appunto sul finire di ottobre, i fratelli Marx furono i protagonisti, a loro insaputa, di un film girato proprio qui in Italia. Quella che segue è una sintesi della sceneggiatura, rimasta fino ad oggi inedita e custodita dall’Archivio centrale dello Stato.
«La guida espertissima del regista Sam Wood sfruttando le capacita sceniche e l’inesauribile personalissima vis comica delle tre maschere, ha realizzato lo spettacolissimo dell’allegria che farà di Groucho, Chico e Harpo Marx i veri dominatori della moderna cinematografia comica». Così si chiudeva una gioiosa pubblicità de "Una notte all’Opera”, uscita sul "Corriere adriatico” del 25 ottobre 1938, in occasione della proiezione del film nel cinema Teatro Vittorio Emanuele di Ancona.
Ma in quei giorni i "veri dominatori” dell’Italia, dei cinema e della cinematografia erano ben altri. E così in un’altra pagina di quel giornale un combattivo rappresentante del  fascismo da poco ufficialmente antisemita e delle forze della depressione dava il via a una guerra lampo contro i fratelli Marx destinata a concludersi con la sconfitta dello "spettacolissimo dell’allegria” e dei più elementari sentimenti umani.
Scriveva dunque quel 25 ottobre un non meglio identificato "K. 41”: "Una notte all’Opera” è un "film giudaico e per di più brutto”. Esso è "prodotto dai giudei Samuele Goldwyn e Luigi B. Mayer, è diretto dal giudeo Samuele Wood, è interpretato dai tre fratelli giudei Marx. Questi tre ultimi maiali sono quelli stessi che nei circhi equestri e nei palcoscenici americani accaparrano il dileggio sull’Italia e sul Fascismo”. L’articolista suinomane e depressore non faceva alcun cenno all’imminente proiezione del film in Ancona e se la prendeva con quella in corso a Roma, protestando perché la Commissione della Censura Cinematografica (con tre maiuscole) l’aveva consentita. Concludeva chiedendosi "se, per caso, tra questi signori della Censura, non si nasconda qualche Samuele o filo-Samuele sapientemente camuffato”. La prosa è ributtante, ma  tutt’altro che inusuale all’epoca.
Va detto che la pubblicità del film aveva la forma di un normale articolo. E così la contraddittoria accoppiata dei due articoli a una pagina di distanza finì per costituire un’eccellente gag, degna forse di figurare negli stessi film dei Marx. E non pochi sfottò dovettero piovere sul capo del repressore K. 41.
Tanto che questi, il giorno dopo -siamo così al 26- tornò sulla questione precisando che "il corsivo rispecchiava e rispecchia l’opinione del nostro giornale”, mentre l’altro scritto era "un’inserzione pubblicitaria che noi purtroppo non possiamo esimerci dal pubblicare, essendo la pubblicità del giornale appaltata”. Ricordava poi che appena sei giorni prima il "Corriere adriatico” aveva pubblicato un duro pezzo contro gli attori americani impegnati nella solidarietà alla Spagna antifranchista.
Corsivo che conteneva un bello (il giudizio è mio) elenco aperto per l’appunto dai fratelli Marx e ricco della presenza di Buster Keaton, Erroll Flynn, Clark Gable e alti. Concludendo K. 41 scriveva: "Non ci resta dunque che darci appuntamento al cinema per fischiare solennemente questi sporchi pagliacci”.
Con questo progetto dal sapore antico -la scoperta di un potentissimo cattivissimo nemico interno fu allo stesso tempo frutto e causa di un ritorno alle origini squadriste o perlomeno a una militanza attiva- il fascista antisemita repressore del "Corriere adriatico” terminò il suo ruolo. Il comando della guerra lampo venne prontamente preso da tale Marcellini, alto funzionario (nientepopodimeno) della prefettura di Ancona. Questi, letto il giornale, all’ora di pranzo di quel 26 ottobre decise di telegrafare al ministero della Cultura popolare e, per conoscenza, alla Direzione generale della Pubblica sicurezza del ministero dell’interno (perbacco! l’affare si faceva grosso). Riepilogati gli avvenimenti e mostrata la propria diligenza (tramite la citazione del numero e della data del nulla osta concesso al film), Marcellini assicurava di "aver disposto opportuno servizio di vigilanza” nel cinema e pregava "telegrafarmi urgenza se eventualmente per detto film sia intervenuta revoca autorizzazione”. Quest’ultima preghiera fuoriusciva nettamente dall’ambito della diligenza e si caratterizzava a tutto tondo come un vero e proprio p ...[continua]

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