Periodicamente entrano nelle nostre case immagini del conflitto israelo-palestinese. Per alcuni secondi ci appaiono  i volti di giovanissimi che fronteggiano l’esercito israeliano. Un esercito fatto anch’esso di altrettanti giovani. Questa guerra interminabile, iniziata ben prima della nascita dello Stato israeliano, quindi un secolo fa con i primi flussi migratori dall’Europa, potrebbe essere letta anche così: giovanissimi contro altri giovani. La differenza è che quasi sempre a rimanere morti sul terreno sono i primi, visto che da una parte ci sono sassi, dall’altra mitra, fucili e carri armati. Dunque per pochi secondi vediamo quei volti adolescenziali, fieri quanto ribelli e rabbiosi, ma nulla sappiamo delle loro storie, delle loro sofferenze, delle umiliazioni e dei soprusi che tutti i giorni devono subire. Chi scrive ha avuto l’opportunità di conoscere alcune delle loro storie, storie tremende, che qui non arrivano, perché relegate nel dimenticatoio, o meglio censurate perché non si devono sapere. Dal 22 al 30 marzo si è recata in Palestina una delegazione di dieci persone, per iniziativa della bella associazione "Madri per Roma città aperta”. L’ha fatta nascere Stefania Zuccari, dopo l’assassinio del figlio Renato Biagetti, un compagno del centro sociale Acrobax, accoltellato a morte l’estate del 2006 in un agguato fuori dal centro da parte di un commando fascista. A lei si è affiancata Rosa Piro, mamma di Dax, altro compagno dei centri sociali, ucciso a Milano nel marzo del 2003. A seguire Haidi Giuliani e altre donne coraggiose, soprattutto di Roma, i cui figli militavano e militano soprattutto in Acrobax. Chi ha vissuto la tragedia di vedere ucciso il proprio figlio ventenne non si è chiuso nel proprio lutto silenzioso, ma ha trovato un’energia eccezionale per tramutare l’immenso dolore in impegno civico e sociale.
Da anni girano il mondo per incontrare analoghe associazioni, dall’Argentina alla Spagna, alla Francia. La scelta del viaggio è stata dettata anche dall’aver deciso di devolvere l’incasso del libro dedicato a Renato da parte di Zerocalcare a un progetto di scuola di danza per bambini palestinesi a Ramallah. Alla loro delegazione si sono aggiunti due compagni di Roma della mia generazione e il sottoscritto. Gerusalemme, Betlemme e Ramallah le nostre tappe, accompagnati dai compagni e delle compagne del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, storica organizzazione di sinistra della Resistenza palestinese. In particolare ci ha fatto da fondamentale e fraterna guida Lalib (il nome, come gli altri che faremo, è di fantasia, per evitare eventuali "noie”, anche se ci è stato detto "no problem”…), un compagno trentacinquenne che dalla nascita vive nel campo profughi "Aida Camp” di Betlemme una comunità di seimila persone. Parlavamo di storie dolorose, ma sarebbe meglio parlare di storie agghiaccianti. A Gerusalemme ci sono state aperte le porte di due famiglie del quartiere palestinese di Shufat, alla periferia della città. I famigliari di Abdil, la cui grande foto sorridente giganteggia nella sala dell’appartamento, ci hanno raccontato come è stato ucciso. Durante il Ramadan del 2014, è stato rapito da una squadraccia di coloni, tre in tutto, il più giovane aveva diciotto anni, il più vecchio ventotto. Con l’auto lo hanno portato in un bosco confinante con il quartiere. Gli hanno messo in bocca un tubo di gomma, inalato del gas e dato fuoco. è morto bruciato vivo.
Una volta tanto, di fronte a tanta efferatezza, i tre sono stati arrestati. I difensori hanno cercato una scappatoia facendo riferimento a una ridicola "infermità mentale”, ma la stessa moglie del ventottenne li ha smentiti. Sono stati condannati a pene variabili tra i venti e i venticinque anni. Il secondo incontro ci ha fatto conoscere le famiglie di due cugini, Nassan e Demah, rispettivamente di quindici e tredici anni. Nel 2015 il primo viene investito intenzionalmente da una macchina piena di coloni. Una volta a terra infieriscono su di lui. Allora il cuginetto, nel vedere la scena, va verso un posto di blocco di soldati. La dinamica è stata ripresa da una telecamera posta sulla strada. Il padre ce l’ha registrata nel cellulare. Si vede il ragazzino camminare verso il gruppo di militari. A un certo punto parte una raffica e viene freddato. Una vera e propria esecuzione sommaria. Assurda, senza un motivo, se non quello di terrorizzare, annientare. Un episodio analogo ci verrà raccontato a Betlemme. In ...[continua]

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