(prosegue dal numero precedente)
All’economista Cattaneo non poteva sfuggire né parere secondario il carattere internazionale della vita economica moderna. Nel 1862 così ne scriveva: «Assiduo è frattanto lo scambio de’ prodotti. Qui la Svezia abbatte le sue foreste e scava le sue miniere; la Russia appresta le sue balle d’ermellino e di martora; l’Olanda imbarca le sue aringhe, il suo olio e le sue ossa di balena; fra pochi mesi, i vascelli di Tolone copriranno gli alberi di Svezia, d’una vela francese; il napoletano, il genovese, il livornese, il sardo esporranno al sole il pesce seccato dal batavo; sugli omeri del sultano spiccherà l’ermellino d’Arcangelo; alla sua volta l’Italia verserà l’olio de’ suoi fecondi olivi nelle botti del nord; la Francia attelerà le sue drapperie di seta, quella seta recata a Costantinopoli dalla China entro un giunco: l’impero d’Oriente è scomparso, il verme esiste ancora; l’industria l’ha ricoverato sotto il dorso di una rustica foglia, e questa foglia è una ricchezza!
«Non si fabbrica un’auna di merletti a Malines, che Bergamo non tessa nello stesso tempo un’auna di cotone, Aleppo una di mussolina. Una verga di ferro esce dalle miniere di Upland, e nello stesso istante Brescia estrae un fucile dalla fornace, Birmingham un’ancora marina. Bristol una pioggia di fili metallici. Così ogni uomo risponde all’altro uomo; ogni colpo di martello ha la sua riscossa lontana» («Politecnico», XII, 245).
Da questo carattere internazionale della vita economica moderna, il Cattaneo induce due necessità: la solidarietà tra le nazioni e il libero scambio. Nel 1863 egli scriveva:
«Una guerra, in qualunque parte del globo, turba il commercio e l’industria di tutte le nazioni. Al contrario, la quiete, la prosperità, la cultura d’un popolo torna in mille modi a giovamento di tutti gli altri, le invenzioni della scienza e dell’arte si propagano per tutta la terra, per esempio, la stampa, la locomotiva, la bussola, il telegrafo. Perciò tutte le nazioni hanno interesse a proteggere la libertà delle nazioni e il loro incivilimento è il regno della giustizia su tutta la terra».
Il Cattaneo combatte il nazionalismo economico basandosi sulla divisione del lavoro e sulla libera emulazione. «Come sarebbe assurdo -egli osservava nel 1834- far crescere le palme del deserto accanto agli abeti delle Alpi, così è assurdo trasformare il Lionese in orologiaio e il Ginevrino in tessitore di seta».

Se «Il Cisalpino» avesse avuto vita, Cattaneo avrebbe sviluppato la sua tesi federalista, avendo a modello la Svizzera, il Belgio, gli Stati Uniti d’America. Il giornale, invece, non uscì. Era suonata l’ora della rivolta, e il Cattaneo che il 17 marzo scriveva il programma di collaborazione tra il Lombardo-Veneto e l’Austria, che il 18 sconsigliava una dimostrazione di piazza, il 19 dava consigli strategici agli insorti, e il 20, con tre giovani, Terzaghi, Clerici e Cernuschi, entrava a far parte del Consiglio di guerra e rifiutava, a nome di questo consiglio, contro il parere del podestà Casati e di altri maggiorenti moderati, l’armistizio di 15 giorni proposto dal Radetzsky. Il giorno seguente rifiutava un’altra proposta d’armistizio per tre giorni. E respingeva la proposta di un agente albertista: i milanesi facciano dedizione a Carlo Alberto, e l’esercito piemontese si metterà subito in campagna.
Così il Cattaneo si poneva in contrasto con Mazzini, accorso da Londra, che protestava di non volere se non la vittoria sull’Austria e rinviava a guerra finita la questione della forma politica del nuovo Stato, sperando in un moto repubblicano e democratico che liquidasse Carlo Alberto e i moderati lombardi.
Ferrari e Cattaneo volevano abbattere il Governo Provvisorio, convocare l’Assemblea e chiamare in aiuto la Francia. Nelle considerazioni dell’Archivio Triennale (1850-54), il Cattaneo definiva con viva ostilità l’azione politica dei repubblicani unitari.
«Nel 1831 Giuseppe Mazzini non rivolse le prime sue parole al popolo, ma bensì a un giovane congiurato divenuto re?»... «Cotesti nuovi repubblicani purtroppo erano propensi sempre e sperare più nell’esercito regio che nella guerra di popolo, perché la scuola loro era scaturita primamente dall’idea napoleonica».
Sul dissidio tra Mazzini e il Cattaneo si legga il libro del professore A. Monti, Un dramma tra gli esuli.
Il risultato dei contrasti fra i moderati, che promossero il plebiscito per la fusione con il Piemonte ed i federalis ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!