Sempre di più si parla di federalismo, in un mondo, però, che è sempre più integrato...
Oggi siamo in uno scenario di tipo concentrazionistico, nel senso che i processi di formazione e di sviluppo del mondo moderno hanno dato come risultato una semplificazione straordinaria, basata su un modello economico capitalistico, e una straordinaria concentrazione di poteri. La stessa idea di unità mondiale, intesa come unità economica e culturale governata dall’alto, ha come presupposto necessario questa struttura di concentrazione. Una alternativa a tutto questo, perciò, non può che puntare direttamente sull’identificazione della politica col potere, sul fatto che la politica viene vista solo come gestione del potere. Questa identificazione è ciò che ha ucciso la politica, la quale, invece, è il momento conclusivo, il climax, del passaggio dall’azione intesa come fatto individuale all’attività intesa come fatto sociale.
Quella che è una struttura fondamentale dell’individuo, cioè la sua relazionalità, il suo essere in rapporto, e che fa sì che l’individuo naturalmente, necessariamente, sia un essere sociale (tale non perché ha fame e ha bisogno di essere aiutato, ma perché ha bisogno di stabilire un rapporto con identità simili a lui partendo dalla sua identità), fa sì che gli esseri umani si organizzino in quella che si chiama, più o meno propriamente, “società civile”.
L’attività politica è l’organizzazione di questa relazione comunitaria, specificamente rivolta al mantenimento di questa unità complessa, per cui la politica è necessariamente un’attività che parte dall’individuo, è un’attività di partecipazione. La politica, pertanto, non è una struttura, un’istituzione, quanto il culmine dell’uomo in quanto è esercizio del confronto formativo. Da tutto ciò emerge come la libertà non sia un fatto individuale, ma sociale, perché individualmente il problema non si pone: ciascuno di noi è libero nel senso stesso in cui non lo è, quella della libertà è una questione che nasce quando noi siamo in rapporto con altri e la politica è l’esercizio comunitario di tutto questo. La politica moderna, in particolare la politica occidentale, però, ha praticamente distrutto la possibilità della politica come esercizio del rapporto comunitario. All’interno della civiltà occidentale, che è una civiltà molto ricca, molto complessa, non mancano gli esempi di politica intesa come esercizio comunitario (pensiamo alla città greca, alla città medioevale), ma si tratta, purtroppo, di percorsi interrotti, sostituiti da questo processo di organizzazione centralizzata. Quando, nella democrazia indiretta, parlamentare, in cui viviamo, parliamo di “politica” intendiamo che la partecipazione politica del popolo si consuma in un unico atto di libertà, il quale è contemporaneamente un atto di abdicazione: quando voti deleghi un altro al posto tuo e lo deleghi in modo indiscriminato. Certo, forse nella storia occidentale non c’è stata nessuna democrazia totalmente diretta, ci sono state delle deleghe, ma le deleghe, nelle società in cui prevaleva il concetto di politica come esercizio comunitario, erano mirate, erano a tempo, erano in funzione di precisi compiti, mentre la delega che noi diamo adesso è una delega indiscriminata, generale, di gestione del potere.
Non c’è anche confusione fra il concetto di rappresentanza e quello di rappresentazione?
Infatti. Nella nostra civiltà la rappresentazione tipica è il teatro, cioè la presentazione reciproca, l’essere uno davanti all’altro, e non a caso le città medioevali erano costruite in modo che il luogo della relazione sociale per eccellenza, la piazza, fosse un luogo teatrale, un luogo in cui ciascuno si presentava agli altri come una maschera nel senso positivo della parola, cioè nel senso che esibiva la propria personalità di commerciante, di uomo libero, di religioso, eccetera.
La rappresentazione è la struttura del rapporto politico e che essa si realizzi attraverso un rapporto diretto oppure attraverso forme controllata di delega è un altro paio di maniche. Rappresentanza, invece, vuol dire che chi è mio rappresentante è al posto mio, è come se fossi io, mi sostituisc ...[continua]
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