Marino Sinibaldi, redattore di Linea d’Ombra, è autore e conduttore della trasmissione radiofonica Note Azzurre.

Sembra che la sconfitta della sinistra alle elezioni sia molto di più di una sconfitta elettorale...
Certo, la sinistra poteva anche proporsi meglio e ha fatto molti errori, ma avrebbe perso lo stesso. La gente ha scelto la destra, questo è il crudo panorama: di fronte alla scelta, abbastanza limpida e semplice, tra una sinistra dei valori e una destra ricca di slogan, la gente ha scelto la destra.
Faccio dei programmi alla radio e ho fatto una inchiesta fra i giovani, che, almeno qui a Roma, erano molto sensibili al problema degli immigrati: beh, tantissimi hanno detto di aver votato per la destra perché non vogliono perdere il lavoro per colpa di un marocchino, mentre la sinistra vuole fare entrare tutti. Ecco, la sconfitta andrebbe valutata tenendo presente questo punto di vista, perché questa è la realtà che ci sta di fronte. C’è una vittoria culturale della destra, che del resto si sta vedendo da molte parti: tutto il dibattito sul fascismo è anche il segno della lenta crescita di una cultura di destra, ormai quasi maggioritaria.
Penso che le radici della sconfitta affondino negli anni ’70 e ’80: tra le tante critiche fatte alla sinistra trovo fondamentale quella che sottolinea come la sinistra negli anni ’80 non ha capito la società. C’è stata un’incapacità della sinistra di stare dentro il tempo in cui si trovava ad agire. E uno può anche stare fuori dai tempi, può dire che da un punto di vista morale o antropologico il mondo gli fa schifo, ma allora non fa politica, perché per un politico cogliere il positivo e le opportunità che ci sono nelle cose è obbligatorio. La politica è qualcosa di molto realistico, deve fare i conti quotidianamente con le cose e quindi deve cercare di conoscere la società e i valori vincenti, la qual cosa non vuol dire amarli, anzi. E d’altra parte la sinistra deve anche essere alternativa: nella logica di questo sistema elettorale, ma anche nella logica dei valori che si contendono la società, un antagonismo, un’alternativa, sono necessari. Anche se poi parlare di cultura alternativa, spesso è una vecchia pratica per coprire la mancanza di alternativa reale, anche negli uomini: non a caso le liste sono state riempite di professori universitari o giornalisti, che poi sono quelli che vengono a parlare di alternativa. Ma questa è ipocrisia perché o sei uguale, e allora devi competere sui programmi, oppure sei alternativo e allora devi essere capace di praticare dei contenuti realmente alternativi e non semplicemente di proclamarli. Fra l’altro la proclamazione demagogica dell’essere alternativi spesso copre il desiderio di una situazione in cui restare sempre minoranza, senza la responsabilità di dover governare.
E’ possibile che uno dei motivi della sconfitta della sinistra stia nello statalismo con cui si è sempre più identificata?
Appartengo con convinzione alla sinistra libertaria e sono abbastanza sospettoso verso le chiese, le ideologie, le pedagogie, ma sono anche consapevole che il problema dello stato democratico esiste ed è enorme. Basta pensare al problema della difesa degli strati sociali più deboli, che va delegato allo stato perché non c’è altra possibilità. O pensiamo al problema della libertà di proprietà dell’etere che è il grande pericolo della nostra epoca. Il ruolo dello stato in una società come questa è decisivo. Credo molto nelle regole, nella capacità della società di darsi delle norme e delle leggi per garantirsi dalla forza degli interessi e non so se in questo modo esco dai limiti di una sinistra libertaria. Ma, proprio perché le culture devono essere libere, devono essere rispettate e hanno il diritto di esprimersi, devono esserci delle regole che garantiscano le minoranze, i deboli, da culture troppo forti come quella televisiva.
E la destra come la vedi?
Vedo grandi pericoli. Nella destra italiana non esiste una tradizione liberale, la destra italiana è solo autoritaria e appena può riduce le libertà. In Italia la destra è quella che appena vince ricomincia a parlare di donne nel modo in cui ne parla la Pivetti. Alla radio ho fatto tante volte dei dibattiti sulla destra con giovani e intellettuali di destra: non valgono quasi nulla, spesso, dal punto di vista culturale fanno proprio schifo, non sanno niente, sono dichiaratamente antidemocratici, autoritari, razzisti, contro i poveri. Cercando di conoscere quel mo ...[continua]

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