Tu sostieni che la lotta all’Aids è innanzitutto una battaglia politica. Perché?
Perché sono in gioco i diritti delle persone, la parità tra le donne e gli uomini (dato che le donne sono culturalmente e economicamente subordinate agli uomini), in sostanza la “qualità” della cittadinanza e quindi la democrazia.
E’ una battaglia politica anche perché le multinazionali farmaceutiche traggono profitto a danno della povera gente, anzi di tutti. Queste compagnie europee o nordamericane, contro cui siamo in lotta, guadagnano sulla pelle della povera gente che soffre in Africa, Asia, America Latina.
Purtroppo, la comunità internazionale ancora non presta la dovuta attenzione al fenomeno. In Sudafrica lo scorso anno sono morte 300.000 persone, ma questo non fa scattare una mobilitazione. In Libano, la morte di un migliaio di persone ha fatto sì che il mondo si sentisse in diritto e dovere di intervenire. Non funziona purtroppo lo stesso meccanismo per le centinaia di migliaia di morti per Aids in giro per il mondo.
Ci sono stati dei provvedimenti, come la nascita del Global Fund to Fight Aids, Tuberculosis & Malaria, ma non c’è un vero impegno internazionale condiviso su questo piano.
La nostra battaglia è eminentemente politica anche perché lotta contro quegli aspetti delle religioni, tradizioni e culture, che possono giocare un ruolo molto negativo rispetto ai programmi di prevenzione.
L’Aids, d’altra parte, chiama in causa la sessualità, l’uso di droghe, la morte… tutti temi molto delicati, scomodi, specie quando l’atteggiamento diffuso è quello di una morale pubblica molto rigida (per quanto poi associata a un certo permissivismo privato).
Purtroppo le prime vittime di questo sciovinismo culturale e religioso, sono le donne. Secondo varie indagini, in Sudafrica le persone maggiormente a rischio di contrarre l’Hiv sono le donne sposate. Pertanto, a differenza di quanto propagandato dai religiosi fondamentalisti -siano cristiani, ebrei, o musulmani- questo dato dimostra che il matrimonio è lungi dall’essere garanzia di sicurezza e protezione. Le donne sono vittime di una doppia discriminazione, quella tra paesi ricchi e paesi poveri e quella, appunto, tra donne e uomini. Per questo è importante denunciare innanzitutto tutte le forme di discriminazione e disuguaglianza. L’Aids si combatte anche lottando contro le ingiustizie sociali.
C’è un ulteriore elemento che aggrava drammaticamente la situazione. In Sudafrica la gente muore all’inizio della vita riproduttiva e lavorativa. Questo ha già effetti tragicamente destabilizzanti sul’intera struttura socio-economica del Paese. E’ seriamente in gioco il destino delle prossime generazioni, perché la morte precoce significa bambini senza genitori, senza maestri (il 12% degli insegnanti sono infetti), senza infermieri (il 16% è infetto). Anche una percentuale significativa delle nostre forze armate e della polizia è infetta… Insomma queste società non stanno perdendo solo individui, ma un intero capitale sociale e umano: le persone designate a trasmettere i valori, la conoscenza, ecc.
Come hai cominciato?
Già negli anni 80 avevo cominciato a militare nel movimento omosessuale. Quando si iniziò a parlare di questa malattia ricordo che tra noi, scherzando, si diceva che solo un repubblicano di destra come Reagan poteva pensare che esistesse una malattia che colpiva i gay, i drogati e i neri… In sostanza una malattia che in qualche modo sceglieva e colpiva tutto ciò che la destra odia.
Io certo non ci credevo… Poi molti miei amici hanno iniziato a morire e le cose sono cambiate. Assistere alla morte di persone care ha decisamente trasformato i termini del problema, e anche il livello di presa di coscienza.
Allora, poi, non c’era solo il problema della discriminazione contro i gay. Stava prendendo piede un uso pericolosissimo del test. In Sudafrica il primo test, inventato nel 1985, veniva usato per “scegliere” i minatori (il nostro è un paese ricchissimo di miniere di diamanti, oro, carbone) in arrivo da ...[continua]
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