Voi siete molto critiche sul disegno di legge "misure contro la prostituzione” a firma del ministro per le pari opportunità Mara Carfagna. Potete spiegare?
Pia. Non appena il nuovo governo si è insediato, già a maggio, molti sindaci hanno portato avanti tutta una serie di richieste. Il problema della prostituzione è molto sentito nelle città per cui è comprensibile che si cerchi in qualche modo di arginarlo. Fanno storia le ordinanze del sindaco di Rimini nel ’95 e quella del sindaco di Padova che hanno cercato una soluzione attraverso la normativa per il traffico e le auto.
Bisogna sapere che il pacchetto sicurezza di Maroni ha dato molto potere ai sindaci consentendo loro di trovare soluzioni autonomamente quando i problemi hanno carattere emergenziale; la prostituzione è considerata tra questi. Per cui in tante città i sindaci -in anticipo sul ddl- hanno emesso ordinanze di contrasto alla prostituzione all’insegna della sicurezza urbana. Di qui le multe portate a livelli elevatissimi e l’emissione di provvedimenti che, a nostro avviso, vanno oltre le loro competenze. Noi pensiamo che siano anticostituzionali e abbiamo presentato dei ricorsi. Che le ordinanze non siano legittime lo pensano anche i nostri avvocati e l’Asgi.
Già a giugno, quando abbiamo visto che piega prendevano questi provvedimenti, noi e le altre associazioni che da anni lavorano su progetti contro la tratta di esseri umani e a sostegno delle donne trafficate, abbiamo deciso di metterci assieme.
I progetti di cui parlo sono finanziati da un’apposita legge, che prevede anche l’articolo 18 che dà il permesso di soggiorno alle vittime della tratta. E’ la legge fatta da Turco e Napolitano nell’ambito del pacchetto sull’immigrazione.
Dal 2000 si è creata una grossa rete di associazioni di volontariato ma anche di enti locali che hanno avviato tutta una serie di interventi di strada, di contatto con le donne e di sostegno e accoglienza delle vittime. Un lavoro molto utile, di riduzione del danno e di sostegno alle donne più sfortunate. Durante il governo Prodi, per volere del sottosegretario Amato, era stato istituito un osservatorio sulla prostituzione presso il Ministero dell’Interno: si chiamava "prostituzione e fenomeni criminali correlati”. In quell’occasione eravamo stati tutti invitati a esprimerci sulle possibili politiche di intervento. Anche loro puntavano a preparare il pacchetto sicurezza che però poi non venne votato. Quindi ci fu una discussione durata alcuni mesi, in seguito alla quale si arrivò a una proposta di compromesso, di mediazione con le varie associazioni. Ne facevano parte la Caritas, il gruppo Abele, alcune associazioni cattoliche e molte altre laiche. I cattolici non volevano cambiare la legge Merlin quindi ci si era accordati sulla proposta di dare la possibilità ai sindaci di vietare la prostituzione in alcune zone della città e di individuarne altre dove potesse essere tollerata.
Ovviamente sarebbero stati avviati progetti di intervento sul territorio con unità di strada, operatori sociali, per non lasciare queste zone abbandonate. Dall’altra parte si chiedeva una decriminalizzazione del favoreggiamento e un miglioramento delle condizioni generali per chi sceglieva di fare questo lavoro. Non si parlava dei diritti del lavoro di prostituzione perché non si poteva, però si parlava della prostituzione al chiuso e si chiedeva che per le donne che lavoravano in compagnia di una collega per sostenersi a vicenda, non venisse applicato il reato di favoreggiamento.
Si trattava di un passo avanti importante, perché attualmente puoi lavorare in casa solo se sei sola, altrimenti diventa una casa di prostituzione e vai contro la legge. In quella sede c’era stata l’opportunità di conoscerci tra le varie realtà impegnate su questo fronte, per analizzare insieme i problemi e fare rete. Tant’è che abbiamo continuato a incontrarci e confrontarci anche successivamente, con l’insediamento del nuovo governo.
A giugno tutte queste associazioni hanno cominciato a stilare un documento comune in linea con quanto elaborato per l’Osservatorio, poi presentato al governo, a tutti i ministri, avanzando proposte che a noi sembravano ragionevoli. Tra chi aveva elaborato il testo e chi l’aveva sottoscritto eravamo più di cento associazioni. L’idea e ...[continua]
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