Daniele Barca, dirige l’Istituto Comprensivo U. Amaldi di Cadeo e Pontenure, Piacenza. Angelo Bardini, insegnante, è vicepreside presso lo stesso istituto; Giusy Vallisa, vicepreside, insegna alla scuola primaria.

Da qualche anno nel vostro istituto, oltre ai libri di testo, i ragazzini hanno in dotazione anche i tablet. Potete raccontare?
Daniele. Questo è un istituto comprensivo che accoglie 1300 studenti e fa capo a due comuni, Cadeo e Pontenure; ogni comune ha tre plessi, infanzia, elementari e medie. La particolarità del comune di Cadeo è che le scuole sono sostanzialmente tutte assieme: dall’altra parte del cortile c’è la primaria, anzi, la quinta elementare ce l’abbiamo qui dentro assieme alle medie. Questo ci ha permesso di allestire degli spazi che poi usano tutti. Per dire, visto che ogni classe fa un’ora di biblioteca alla settimana, nell’edificio della scuola media in determinati orari si vedono i bimbi dell’infanzia dai tre ai cinque anni e anche quelli delle elementari.
Noi veniamo dall’esperienza ministeriale delle classi 2.0, che ha visto coinvolte una classe elementare e una delle medie. Con quei soldi abbiamo fatto degli acquisti che sono diventati patrimonio della scuola. Alle elementari c’erano dieci tablet che adesso abbiamo mandato nell’altro comune.
I limiti di queste sperimentazioni sono che se hai i soldi dello Stato ti puoi muovere subito, però poi c’è il problema della gestione degli acquisti, dei comodati d’uso, e comunque sono macchine che dopo tre anni devi buttar via. A quel punto cosa fai con le classi che vengono dopo? La nostra idea era invece che il computer, il tablet fosse un po’ come la calcolatrice, la squadra, insomma, roba tua.
Da queste considerazioni lo scorso anno è nato il progetto Libr@, per la sperimentazione dei tablet e l’adozione di soluzioni integrate per i libri di testo.
Sostanzialmente siamo andati dai genitori e abbiamo detto: "Noi tagliamo del 50% i libri di testo”. In prima media costerebbero 300 euro e sui tre anni parliamo di 600 euro. Ecco, la nostra proposta è stata: "Se noi dividiamo a metà la spesa dei libri, voi siete disposti a entrare in questo progetto di scuola comprando ai vostri figli un tablet?”.
In questo ci siamo fatti aiutare anche dalla nostra Banca cassiera con un finanziamento di 12 rate a tasso zero, per cui le famiglie si sono trovate con 150 euro di libri (metà del costo) più 350 euro di strumentazione, per un totale di 500 euro che stanno pagando a 50 euro al mese.
Genitori e insegnanti come hanno reagito alla vostra proposta?
Daniele. Sulle elementari ci stiamo ancora lavorando, ma alle medie fortunatamente c’era un buon blocco di insegnanti che aveva partecipato a esperienze precedenti e c’era anche disponibilità a fare formazione. L’anno scorso abbiamo fatto trenta iniziative a livello provinciale con un’idea di formazione just in time, per cui io, all’incontro, non è che sto seduto con lo strumento in mano: se si fa formazione sulle mappe multimediali, si prova subito e il giorno dopo lo si può proporre in classe. L’altro giorno c’era qui un’insegnante di storia arrivata dalla Sardegna e anche lei ci ha fatto vedere delle cose che il giorno dopo si potevano fare in classe. L’obiettivo è sempre questo.
Per quanto riguarda i genitori, abbiamo puntato tantissimo sul dialogo. L’anno scorso li abbiamo incontrati due volte in due assemblee serali cercando di togliere ogni dubbio. Le preoccupazioni erano soprattutto sull’idea che il tablet servisse per leggere i libri. In realtà, il tablet non ha quel ruolo; qualche insegnante ci legge una pagina, ma, avendo anche il cartaceo, sostanzialmente la tavoletta diventa uno strumento di accompagnamento. Poi c’era la preoccupazione "è grande”, "è piccolo”, "rovina la vista”, "stanno sempre attaccati...”. Altre preoccupazioni riguardavano la sicurezza. Noi qui abbiamo una connessione con la rete regionale Lepida, che ci danno i due comuni con un ponte radio.
Non ho detto che c’è il wifi su tutta la scuola.
I comuni la rete ce l’hanno di statuto perché c’è una compartecipazione della Regione, poi sta al comune vedere se vuole passarti la connessione. Abbiamo chiesto ai nostri comuni lo sforzo economico di mettere un antennone, mentre gli access point li abbiamo comprati noi. Abbiamo così la fortuna di non pagare la rete perché è la stessa del comune, ed essendo comuni piccoli (5.000 abitanti) non c’è molto traffico negli uffici, quindi per loro sarebbe comunque ...[continua]

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