Wlodek Goldkorn. Buona sera, più che un dialogo saranno una serie di domande che porrò a Michnik. Vorrei dire, in primo luogo, per chi non lo sapesse ma anche per chi lo sa, che sentire Michnik è un’occasione eccezionale, per diversi motivi, uno etico, perché è una delle persone più oneste e più combattive nella storia d’Europa degli ultimi 40-50 anni, è stato un oppositore del regime comunista fin dalla metà degli anni Sessanta e non ha mai smesso di essere oppositore di tutti i regimi e i governi ingiusti; l’altro è più tecnico perché è anche un’occasione di sentire una persona che di mestiere e di formazione è storico (anche se ora fa il direttore di "Gazeta Wyborcza”), e che, allo stesso tempo, è anche un protagonista della storia. Perché se la Polonia è libera, se il muro è caduto è anche in qualche parte, e non piccolissima, merito di Michnik. Fatta questa premessa vorrei cominciare dicendo che la Polonia è un caso molto interessante dal punto di vista di elaborazione della storia e del rapporto tra storia, memoria e presente. La Polonia non solo è stata sempre, dalla metà dell’800, al centro di ogni conflitto europeo, e uno dei primi ad averlo capito, insieme a tanti altri, è stato Marx, per il quale la libertà della Polonia significa anche libertà dell’Europa, non esiste un’Europa libera senza Polonia libera. Ma intorno alla Polonia ci sono tantissime leggende: è una storia interpretata in maniera molto immaginifica con sovrapposizioni sorprendenti. Ne cito una poi comincio con le domande. La più eclatante e divertente è quella, che tutti avranno sentito, della cavalleria polacca che nel 1939 avrebbe caricato i panzer tedeschi. È significativa perché, inventata dai nazisti, si è diffusa in Italia grazie ai giornali di allora e poi è stata ripresa dai sovietici. Molto spesso l’ho sentita ripetere da esponenti del Pci. Il tutto per spiegare l’irrazionalità dei polacchi e il fatto che non meritassero di essere liberi e governarsi da soli, ma dovessero avere sempre la tutela di un grande fratello o di un potere più forte. Anche oggi il partito al potere in Polonia, "Diritto e giustizia”, reinterpreta la storia. Ma prima di parlare di Kaczynski, vorrei partire da una questione più attuale. Lunedì c’è stato lo sciopero delle donne in Polonia, milioni di donne in piazza per protestare contro una legge particolarmente restrittiva sull’aborto. E il governo ha ritirato il suo progetto di legge.
Vorrei sentire Michnik se vuole commentare, cos’è successo, se è stata veramente una vittoria delle donne, una vittoria di civiltà elementare.
Adam Michnik. Buongiorno a tutti. Innanzitutto grazie di questo invito, grazie del sostegno del sindacalista che ha portato il saluto dei tre sindacati italiani; l’attività di Solidarnosc è stata un frammento molto importante della mia trafila. Oggi Solidarnosc cerca la sua collocazione, il suo posto nella nuova realtà, non sa trovarlo, però bisogna credere che ci riuscirà. Perché la democrazia senza i sindacati è una democrazia senza una gamba. Prendiamo la Cina, lì non ci sono i sindacati! Ed è per questo che anche quel modello comunista perderà. Io sono stato in Cina, ho avuto colloqui con dissidenti cinesi, avevano degli occhi cinesi ma erano tali e quali ai dissidenti polacchi. Sono molto repressi, ma questo vuol dire che il regime ha paura di loro. E se il regime ha paura, questo è un buon segnale per i democratici.
Ora, per quel che riguarda la domanda di Wlodek, credo che quel che è appena successo in Polonia sia innanzitutto la vittoria dell’opposizione democratica. In secondo luogo, è una sconfitta del regime di Kaczynski. E in terzo luogo, è un grande cambiamento di civiltà. Per la prima volta, si è riusciti a trafiggere, a passare attraverso questo soffitto di vetro della Polonia patriarcale. Nella politica ...[continua]
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