Il regime nazista, più di altri, cercò di integrare la musica nella sua ideologia. Puoi raccontare?
All’interno del regime nazista la musica costituiva una parte di un discorso più generale sull’arte, che metteva sotto controllo anche il teatro e le arti figurative. Nella musica però la mano nazista fu particolarmente pesante; si sa che la musica ha un ruolo importante nella vita tedesca e i nazisti non esitarono a sfruttare l’idea della Germania come "terra della musica”. Ho ben presente un’illustrazione in cui un’aquila che rappresenta la Germania apre le ali e mostra al suo interno un organo. Il nazismo intervenne contro la musica "degenerata”, cioè la dodecafonia, la musica non tradizionalmente tonale, ma anche contro il jazz, il cabaret, certe canzoni. Inoltre alcuni strumenti erano mal tollerati, per esempio il sassofono, considerato "negroide” anche se inventato da un belga. Ma il nazismo non si limitava a vietare ciò che non gradiva, organizzò anche un suo mondo musicale. A un certo punto, Goebbels, il ministro della cultura, comunicò la volontà di stilare i dieci comandamenti da osservare per fare della musica veramente "tedesca”: non diceva nazista, l’impulso era in primo luogo nazionalista. Questi dieci comandamenti si ridussero poi ad alcune indicazioni: la musica doveva essere melodica, edificante, ecc. Si chiarì peraltro bene cosa non si doveva fare e cioè in particolare la dodecafonia. Schoenberg, l’ideatore di questo sistema di composizione, venne messo al bando e così coloro che ne seguivano l’esempio.
Teniamo presente che la dodecafonia è un sistema con cui tutti i compositori della prima parte del Novecento si erano misurati. È una tecnica di composizione con i dodici suoni che supera completamente il discorso della melodia tonale.
La dodecafonia si era sviluppata nel corso degli anni Venti e fu subito odiata dai nazisti, diventando invece il linguaggio predominante dal dopoguerra fino agli anni Sessanta. Vietata dal nazismo divenne infatti la lingua franca in cui si ritrovarono i compositori dell’Europa liberata. Parlo qui dell’Europa occidentale. Durante il periodo nazista ci furono naturalmente compositori perseguitati anche a Est, ma i riferimenti erano più le scuole nazionali, il patrimonio folklorico, quindi Kodaly, Bartok, Schulhoff, Haas.
In generale, possiamo dire che il nazismo perseguitò tutta una serie di compositori non solo per ragioni, diciamo, razziali, o politiche, ma anche per ragioni strettamente musicali. Non si poteva fare una musica che non rispondesse ai principi della tradizione tedesca. Tradizione peraltro molto difficile da definire visto che uno dei pregi della musica tedesca è sempre stato quello di inglobare quanto sviluppato in altri paesi. La tradizione tedesca per i nazisti era incarnata soprattutto da Wagner, il compositore largamente più amato e stimato.
L’altra figura che i nazisti presero come riferimento e a cui misero la camicia bruna (ma a forza, perché non c’entrava niente essendo morto nel 1896) fu Bruckner. Un busto di Bruckner fu posto nel Walhalla. Il nazismo esaltò Bruckner, forse perché era di Linz, la città di Hitler, forse per ragioni ideologiche: Bruckner era un uomo della campagna, legato all’heimat, cioè al paesello, alle tradizioni e così via ed era poco apprezzato dai critici di Vienna, in particolare da Hanslick, che rappresentava invece la modernità cittadina.
C’era ovviamente anche la grande tradizione tedesca di Beethoven, di Mozart, che però erano più difficili da far diventare nazisti... Comunque in questa operazione alcuni tedeschi furono esaltati e altri, come Schoenberg, vennero messi al margine, se non costretti a scappare o addirittura arrestati, perseguitati e così via.
Ci fu anche proprio un lavoro di organizzazione delle masse, attraverso la musica.
Sì, la musica divenne strumento di indottrinamento, di irregimentazione molto forte, an ...[continua]
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