Nell’ambito dei suoi studi sull’educazione civica dedicata agli adulti, lei si occupa da più di quindici anni del problema delle Stammtischparolen. Ci può spiegare di che cosa si tratta?
Una piccola premessa esplicativa: lo Stammtisch è quell’istituzione per cui, in Germania, gruppi di persone si incontrano una volta alla settimana nella solita birreria, sempre alla medesima ora e allo stesso tavolo. Ecco, le Stammtischparolen, sono i cosiddetti "luoghi comuni da bar”, sono frasi fatte, motti che veicolano delle generalizzazioni e che dal punto di vista contenutistico esprimono tendenzialmente posizioni xenofobe, razziste, antidemocratiche o antipolitiche. In sintesi: le Stammtischparolen sono asserzioni tassative, che non lasciano spazio alle repliche e che possono essere attribuite grosso modo all’ambiente del populismo. Sono formule basate su pregiudizi consolidati. Faccio degli esempi: "Gli stranieri ci rubano i posti di lavoro”, "Non siamo più padroni a casa nostra”, "Presto anche qui verrà imposta la Shari’a”, "Macché poveracci, se hanno tutti lo Smartphone”. Ma appartengono alla categoria anche frasi come: "Le donne devono stare in cucina”, "Le donne che girano da sole per i parchi di notte se la cercano”, "In ogni uomo c’è un potenziale violentatore”, "Gli omosessuali sono dei pervertiti”, "Gli ebrei controllano la grande finanza”, "Abbiamo bisogno di un uomo forte”, "Quando c’era il nazismo almeno per strada si poteva stare tranquilli”, "Tutti i politici sono corrotti”, "La pena di morte! Ecco cosa ci servirebbe”.
Come ha iniziato a interessarsi del fenomeno?
Da tempo lavoro nel campo dell’educazione civica, in particolare degli adulti, un ambito che in Germania è più esteso e strutturato di quanto non accada in Italia. Chi opera in questo ambito sa che esiste una certa vulnerabilità della società rispetto all’influenza di partiti e opinioni populiste e di estrema destra. Il concetto di Stammtischparolen descrive bene i luoghi comuni che circolano in quegli ambienti. A partire dal 2001 ho iniziato a pensare a dei seminari che aiutassero le persone a reagire. L’idea era quella di creare una situazione in cui, grazie a strumenti retorici, sostegno psicologico e raccolta di informazioni, ci si potesse allenare a controbattere. Queste Stammtischparolen rappresentano infatti un grosso problema per le persone che, loro malgrado, vi si imbattono quotidianamente: nella maggior parte dei casi rimaniamo tutti disorientati, incapaci di reagire.
Come ha visto cambiare le Stammtischparolen in questi anni?
Negli ultimi anni la nostra società ha assistito a cambiamenti importanti. L’afflusso di un numero elevato di rifugiati e la crescita della popolazione di religione musulmana suscitano molte preoccupazioni e così è aumentata l’occorrenza di Stammtischparolen islamofobiche. Si tratta di motti rivolti sia contro la religione, che contro i suoi fedeli e sovente connessi alla fobia di un’invasione culturale ("Presto il velo sarà imposto a tutte le donne”). Un altro fenomeno nuovo è la crescente difficoltà di interpretare un mondo sempre più complesso e globalizzato. In un tale contesto c’è molta confusione rispetto a cosa possa fare effettivamente la politica, di qui la maggiore frequenza con cui ricorrono le frasi fatte di matrice antipolitica.
Quindi, da un lato, c’è una crescente insicurezza rispetto a come si debba agire, ma dall’altro, e questo è il lato positivo, molte delle persone che partecipano ai seminari giungono alla conclusione che sia necessario impegnarsi in prima persona: "Chi può cambiare qualcosa se non noi?”.
Devo anche dire che la richiesta di training non è mai stata tanto forte come negli ultimi due anni. Tant’è che oggi ci sono altre persone che hanno cominciato a organizzare dei training contro le Stammtischparolen. Il prossimo anno abbiamo in programma di incontrarci, anche per definire degli standard che a nostro avviso sono fondamentali per la buona riuscita dei seminari.
Si stima che gli estremisti di destra in Germania siano attorno al 6-8% della popolazione. Secondo le stesse fonti la percentuale di coloro che subiscono una qualche influenza da parte del radicalismo di ...[continua]
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