Riccardo Illy, imprenditore del caffè, è sindaco di Trieste dal 1993. E’ stato rieletto nel 1997.

Sindaco Illy, lei in un intervento pubblico all’università ha descritto Trieste non più come luogo di confine, ma come una città destinata a diventare ‘centro’ di un nuovo assetto geopolitico ed economico. Da dove nasce tanto ottimismo?
Direi che le motivazioni sono da ricercarsi nella storia. Trieste ha fatto parte per quasi cinque secoli dell’impero austro-ungarico e di fatto quella era una struttura sovranazionale in cui alle singole popolazioni veniva lasciata una grande autonomia, una grande libertà. All’interno di questo impero transnazionale vi era assolutamente libera circolazione di persone e di merci e a ciascuna popolazione veniva lasciata la facoltà di parlare la propria lingua, di mantenere i propri usi, i propri costumi, la propria religione. Trieste, essendo dell’impero praticamente l’unico porto importante, senz’altro quello sul quale l’impero austro-ungarico puntò per sviluppare i suoi traffici, si trovava in una posizione centrale non solo da un punto di visto geopolitico, ma anche economico e commerciale. Dunque era il porto che serviva tutta l’area dell’Europa centro orientale, che faceva parte o era collegata all’impero austro-ungarico. Ed è in quel periodo, soprattutto dalla metà del XIX secolo alla fine della prima guerra mondiale, che la città vive il periodo di migliore sviluppo. Anche gli immobili più importanti, che ancora oggi si vedono in città, furono costruiti in quel periodo. Il Porto vecchio venne realizzato nella seconda metà del secolo XIX e persino il Porto nuovo venne ideato e in gran parte progettato nello stesso periodo. La città crebbe soprattutto per traffici marittimi, per commercio, per attività assicurative, che si svilupparono soprattutto grazie all’apporto di persone che venivano da altri paesi, Grecia, Turchia, Austria, Ungheria. Da questo punto di vista, le condizioni che otterremo con l’allargamento dell’Unione Europea verso est, andando a includere Paesi come la Slovenia, l’Ungheria, la Cechia, la Slovacchia, ci daranno la possibilità di costruire una situazione molto simile, anzi direi decisamente migliore: ci saranno le stesse cose di allora con in più condizioni di libertà e di crescita e sviluppo economico senza paragoni con quelle di allora.
Questo fenomeno, ricollocando Trieste in una posizione centrale, consentirà uno sviluppo economico, proprio per questa sua vocazione a favorire l’integrazione fra mondi diversi.
Ma Trieste non è l’unico porto che potrebbe sfruttare la sua posizione nei rapporti con l’Europa centrale e orientale...
Però è il porto più efficiente: coi migliori fondali, con punti franchi, con molte linee di navigazione, anche oceaniche, che ci collegano con l’Estremo Oriente; che vede la presenza di più di 900 società di import-export: le condizioni per approfittare positivamente di questo allargamento dell’Unione Europea ci sono tutte.
Aggiungo che negli ultimi anni il rapporto di costi fra trasporto marittimo e terrestre è cambiato in maniera drammatica. Oggi costa meno trasportare un contenitore via mare per migliaia di miglia che per 300 chilometri via terra. Questo cambia completamente la logica della localizzazione degli stabilimenti industriali. Quindi le industrie non guardano più a una dislocazione geografica per risparmiare sul trasporto, perché al limite costa più trasportare la merce dall’Italia in Germania e in Francia, che non nelle Americhe o in Medio ed Estremo Oriente, guardano invece a una dislocazione che consenta di realizzare le fasi di lavorazione nei Paesi più adatti in base a varie condizioni, soprattutto per il costo della manodopera.
Ma questo vuol dire che sempre più gli stabilimenti verranno portati sul mare, e di questo sta già beneficiando la parte industriale dell’economia triestina strettamente legata al porto. Io immagino che in futuro anche quelle industrie del nord-est d’Italia, che hanno delocalizzato fasi della produzione ad alto contenuto di manodopera nell’Europa dell’est, trasporteranno i semilavorati o i prodotti finiti non più via terra, ma via mare. E anche di questo potrà beneficiare il porto di Trieste, perché immagino un servizio di trasporti, che potrà partire anche da Ravenna e da Venezia, e raggiungerà il Mar Nero per rifornire di semilavorati e materie prime le industrie ad alto contenuto di manodopera presenti in Romania e Albania. Tutto maggiormente conveniente ris ...[continua]

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