In Iraq ci sono state le elezioni e ora si redige la costituzione. Bisogna riconoscere che avevano ragione i neocon a pensare di poter imporre la democrazia con la forza?
La problematica va affrontata su più livelli. Ma prima di entrare nel merito vorrei chiarire una questione di fondo. Molto spesso partiamo dall’idea che la democrazia non può essere imposta. Tuttavia non si può liquidare la questione in questi termini, perché se si guarda anche solo alla storia recente, c’è stato un elemento di imposizione in quasi tutti i casi in cui è nata una nuova democrazia. L’Italia post-bellica ne è un piccolo esempio, per non parlare di Germania e Giappone, dove la deposizione del regime non è avvenuta certo grazie alle forze interne, bensì grazie all’intervento esterno e militare dell’America.
Detto questo, proprio Germania e Giappone sono buoni esempi per iniziare a interrogarci sul senso di “questa” democrazia imposta perché presentano molte similitudini, ma anche differenze drammatiche, rispetto alla vicenda irachena.
Una prima differenza radicale non riguarda specificamente l’occupazione -che invece è elemento di analogia- ma le strategie degli Usa nel secondo dopoguerra. Se le confrontiamo con quelle attuali, possiamo vedere in modo incontrovertibile che in Iraq l’America non è interessata esclusivamente al processo democratico.
Poi bisogna ricordare che, a differenza dell’Iraq, Giappone e Germania erano due stati costituzionali e che le dittature che vi si instaurarono durarono molto meno di quanto è durato Saddam. A volte ci dimentichiamo di quanto poco è durato il regime nazista: dal 1933 al 1945, dodici anni. Il fascismo in Italia è durato un po’ di più; la dittatura giapponese è durata dagli anni ’30 al ’45, anche se il sistema era di tipo autoritario anche prima. Per cui in entrambi i casi non c’era stata una lunga dittatura e c’era una tradizione costituzionale.
Tuttavia le maggiori differenze riguardano il “dopo” occupazione ovvero il tipo di intervento alleato messo in atto. In Germania, dato che il regime nazista aveva occupato tutte le istituzioni, gli americani avevano creato dei governi locali, in particolare nella loro zona, promuovendo elezioni molto presto, prima degli inglesi e anche dei francesi. Nella fase di transizione questi governi locali, anche regionali, ebbero un ruolo importante. Gli stessi partiti politici si ripresero rapidamente e venne mantenuto un largo spettro di rappresentanza. Solo il partito nazista venne bandito. Venne insomma adottato un modello di ampia partecipazione al processo democratico in cui l’America agì da facilitatore.
Cos’è successo invece in Iraq?
In Iraq, non solo non sono state organizzate elezioni locali, ma l’invio di una sorta di prefetto, Paul Bremer, ha ucciso sul nascere qualsiasi forma di democrazia locale nata dal basso. Ecco una prima differenza con la Germania. Ma poi ce n’è un’altra, che di nuovo contrappone la modalità adottata in Giappone alle scelte portate avanti in Iraq. Perché è vero che dovevano smantellare il regime di Saddam e quindi la struttura politica precedente. Ma che dovessero distruggere anche la struttura statuale è un’altra faccenda. La cosiddetta “debaathizzazione”, la distruzione dell’esercito… questo ha fatto dell’Iraq un Paese senza Stato. Che è l’esatto contrario di come gli americani agirono in Giappone, dove non solo mantennero le tradizionali forze di polizia, molto potenti, ma addirittura preservarono la stessa autorità imperiale, eppure l’imperatore era un criminale di guerra, aveva collaborato. Infatti tutte le potenze volevano processarlo, ma MacArthur lo impedì e fu una mossa intelligente, perché la stabilità del Giappone dipendeva dalla fedeltà della polizia, che a sua volta faceva capo all’imperatore. E la figura dell’imperatore d’altronde poteva essere ridimensionata a un ruolo puramente simbolico e non pericoloso. Di nuovo, una differenza enorme con il comportamento tenuto in Iraq.
Come si spiega?
Come dicevo, una delle ragioni più evidenti di questo cambio di strategia degli Usa dal dopoguerra a oggi si spiega molto banalmente col fatto che gli Usa non hanno attaccato l’Iraq per portare la democrazia. E questo mi sembra sia ormai innegabile. Troppi errori sono ...[continua]
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