i primi secondi immediatamente successivi al risveglio sono normali: devono passarne circa tre perché il dolore si faccia sentire. E si fa sentire eccome, man mano che mi rendo conto che il Paese ha votato per lasciare l’Unione europea e che la nostra Gran Bretagna è circondata da baratri. Non riesco a rivolgere la parola ai miei familiari, sapendo che hanno votato per questo salto verso il vuoto a mo’ di lemming e che nelle vicinanze del loro paesino nel sud-ovest non vi è nemmeno l’ombra di un immigrato.
Il mio solo conforto è che dove vivo abbiamo votato in favore della permanenza e abbiamo vinto in questa nostra isola in mezzo a una città di persone che hanno scelto la menzogna e le mezze verità di una cricca di politici privilegiati e menzogneri camuffati da uomini del popolo. Mi capita tutto a un tratto di pensare alla formazione di un nostro sistema di città-stato in stile medievale. Dev’essere un sogno. Certo vorrei scappare e vivere in una società aperta e altruista, ma so che è giunta l’ora di affrontare ciò che siamo diventati.
Posso solamente affermare che c’è chi è scoppiato a piangere. Io mi sono seduta e ho pianto per la sensazione di perdita e di vuoto, e non ho amici o amiche che non abbiano fatto lo stesso. Siamo in un periodo di lutto, rabbia e vergogna. La gente ha sentito il bisogno di ritrovarsi, per levarsi un peso dallo stomaco, per dolersi insieme. Quella prima notte, in una stanza di amici provenienti dalla Romania, dall’India e dall’Australia e di altri arrivati qui dall’Ucraina come rifugiati dopo la Seconda guerra mondiale, la pena è stata universale. Poi la scoperta che fra noi era presente una delle prime vittime. Un amico impiegato in un ente di ricerca a indirizzo tecnologico aspettava un contributo economico di venti milioni di sterline; investimento che è stato ritirato. Questo è solo l’inizio. L’investimento annullato è un investimento di speranza. Paddy Ashdown -un’opportunità sfumata, se mai ne abbiamo avuta una- ha twittato: "Dio aiuti questo Paese”.
Miei cari amici, vi chiedo di ricordare -tra le assurdità populiste e scioviniste, le montature egoistiche e le affermazioni pompose che sarete destinati a sentire nei prossimi mesi- che metà del Paese ha votato contro. La metà di noi vuole essere tollerante, generosa e aperta. Nel dolore è presente la ferma volontà di aprire un dialogo, di mantenere un contatto. Due milioni di noi hanno votato per chiedere un nuovo referendum. Sappiamo che non abbiamo solamente perso l’Europa e il nostro posto nel mondo, ma che perderemo la Scozia, che di questi tempi rappresenta quanto di meglio abbiamo, e forse addirittura la pace nell’Irlanda del nord. Sappiamo che abbiamo perso noi stessi, la nostra identità, l’identità che pensavamo di avere come popolo tollerante a causa del linguaggio e dei pregiudizi sotterranei degli anni 70.
Le donne che hanno votato per l’uscita con cui ho parlato quel terribile primo venerdì dopo il referendum erano in estasi. Nella piccola biblioteca di campagna in cui mi trovavo ne erano però presenti anche altre, tra cui una lituana che ha vissuto e lavorato in questo Paese per 14 anni. Erano sconvolte dal risultato. Le due donne entrate in biblioteca che hanno votato per l’uscita hanno alzato le braccia stringendo i pugni con fare canzonatorio e recitato slogan come "Abbiamo di nuovo il nostro Paese!”. Ho chiesto loro dove pensavano fosse andato. Quale sarà poi questa oppressione da loro subita, considerato che sono entrambe donne borghesi benestanti cui non è mai mancato nulla? Hanno detto: "Possiamo scriverci da noi le nostre leggi”. Hanno forse mai subito l’imposizione di una legislazione europea? "Abbiamo di nuovo il controllo dei nostri confini”. Meglio fermarsi qui. Sono del tutto ignare dell’impatto che le loro parole hanno sulla giovane donna che le ascolta. Ho chiesto: "Lo sapete che la sterlina è precipitata e che in tutto il mondo sono stati spazzati via duemila miliardi dal valore delle azioni?”. Hanno risposto: "La prossima settimana tornerà tutto come prima”.
Non sono sicura che le donne che hanno abboccato alle mezze verità di un gruppo di politici mediocri che, spacciandosi per uomini del popolo, portano la loro rivoluzione distruttiva e fasulla per il Paese facendosi strada come Bulldog, si sentiranno ancora così sicure, adesso che si inizia a retrocedere, a distanziarsi dalle promesse, a mentire. È cambiato il linguaggio, emergono ...[continua]
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