Cari amici,
lo scorso agosto, mentre tutti vagavano pigramente durante un’accaldata giornata festiva, cento agenti di polizia hanno fatto irruzione nelle case di due giornalisti investigativi nell’Irlanda del Nord. I due uomini erano Trevor Birney e Barry McCaffrey, arrestati dopo aver lavorato a un documentario, "No Stone Unturned”, che rivelava nuove prove su un massacro del 1994 a Loughinisland, nella contea di Down, nell’Irlanda del Nord. 
All’epoca i paramilitari lealisti, membri dell’Ulster Volunteer Force (Uvf) avevano guidato attraverso tortuose stradine di campagna fino al Pub O’Toole, mentre i locali guardavano la Coppa del Mondo Fifa del 1994; una volta fatta irruzione nel pub, avevano aperto il fuoco con armi d’assalto contro uomini disarmati. Sei morti e cinque feriti.
Molti anni dopo, nel 2016, l’Ombudsman della polizia per l’Irlanda del Nord ha pubblicato un secondo rapporto sulle uccisioni e le indagini della polizia. Nel primo rapporto l’episodio era stato insabbiato, ma questo secondo ha concluso invece che c’era stata collusione tra la polizia e l’Uvf, e che l’inchiesta era stata minata dal desiderio di proteggere gli informatori. Non ha però fornito prove che la polizia fosse a conoscenza dell’attacco. 
L’anno successivo, nel 2017, un documentario ha rivelato nuove prove e presunte collusioni dello stato nell’uccisione dei civili. "No Stone Unturned”, diretto dal regista premio Oscar Alex Gibney, ha scandagliato gli omicidi irrisolti e le indagini della polizia e ha fatto il nome di uno dei presunti assassini. 
Insomma, a distanza di 24 anni, ci sono voluti due giornalisti investigativi per trovare un nome. Il loro arresto è stato motivato da una presunta violazione della legge sulla secretazione dei documenti relativi a indagini della polizia.
Gli arresti sono stati condannati sia dalla National Union of Journalists (Nuj), sia da Amnesty International Northern Ireland come un oltraggioso attacco alla libertà di stampa e un palese atto di intimidazione nei confronti di giornalisti che lavorano nell’interesse pubblico. Sono 24 anni che le famiglie delle vittime aspettano giustizia per i loro morti. Entrambe le organizzazioni hanno lanciato campagne di protesta contro gli arresti. Il sindacato nazionale dei giornalisti ha proposto di organizzare proiezioni del documentario in tutto il paese. Amnesty International ha chiesto alle persone di inviare messaggi di solidarietà ai due uomini.
Pensavamo che i tempi bui della violenza paramilitare nell’Irlanda del Nord appartenessero a un’altra era, fossero ormai dall’altra parte del confine temporale. Quello che è successo è un promemoria della natura oscura, perfida, irrisolta del conflitto nordirlandese, quelli che noi chiamiamo i Troubles. Saremmo sciocchi a rischiare di tornare indietro e non so se saremo perdonati per essere diventati un paese in cui cento agenti di polizia saccheggiano le case dei giornalisti e quelli che hanno ucciso sei uomini innocenti, a distanza di 24 anni, rimangono in libertà.

Secondo la Pen International ci sono 129 giornalisti in detenzione nel mondo e risultano 17 casi di impunità per l’omicidio di giornalisti. L’allarmante conclusione del rapporto lanciato dalle dodici organizzazioni partner della piattaforma del Consiglio d’Europa per proteggere il giornalismo e la sicurezza dei giornalisti è che la libertà di stampa è più fragile ora che in qualsiasi altro momento dalla fine della Guerra Fredda.
Il rapporto "Democracy at Risk” analizza le violazioni della libertà dei media registrate dalla Piattaforma nel 2018. Fornisce un quadro rigoroso del peggioramento dell’ambiente per i media in tutta Europa: i giornalisti si trovano ad affrontare sempre più ostacoli, ostilità e violenza mentre svolgono il loro lavoro.
Questo degrado di un principio democratico è proprio ciò di cui non abbiamo bisogno. È stato proprio un problema con la verità, quello che ci ha portato dove siamo ora, con la Brexit, le divisioni e un crescente populismo di destra. Siamo un paese in cui, secondo la campagna antifascista, Hope Not Hate (Speranza non odio), come riportato nel suo rapporto annuale, il 47% degli elettori conservatori ritiene che nel Regno Unito vi siano delle "no go zones” in cui viene praticata la Sharia, il che è ridicolo. Le teorie cospirazioniste brulicano, la destra è in crescita mentre la popolazione è orfana di un soggetto su cui investire la propria fede politica. La verità è dive ...[continua]

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